IL FINTO PARMIGIANO DI DENVER E LA TUTELA DELLA QUALITÀ
Noto che sempre più spesso la questione dei marchi di qualità per certificare la provenienza dei cibi diventa tema predominante nelle pagine di economia dei giornali e non solo. Basti pensare a tutte le puntate dedicate da Report, non più di un anno e mezzo fa, a pizza napoletana e caffè. Mi chiedo però se la questione del «made in Italy», la guerra dei marchi e delle classificazioni per tutelarsi dalle imitazioni abbiano davvero senso in un mondo globalizzato. E poi, serve un’attestazione per distinguere il Parmigiano dop dal «Parmesan» proveniente da qualche stabilimento di Denver? Siamo sicuri che i consumatori non riescano davvero a distinguere i due prodotti? E, soprattutto, chi compra dei formaggi visibilmente scadenti forse non potrà permettersi un pezzo di vero parmigiano reggiano. Mi chiedo dunque se la corsa al marchio e all’attestazione non sia in realtà un po’ una retorica, visto anche che negli ultimi anni sono emersi diversi episodi di assegnazione delle certificazioni con qualche dubbio di sottofondo. Insomma, ha senso porre delle etichette e proteggere determinati marchi se poi, alla fine, viviamo in un mondo dove anche nel supermercato sotto casa possiamo trovare qualsiasi tipo di prodotto proveniente da ogni parte del mondo? Tocca al consumatore scegliere, ovviamente, ma un marchio può aiutare davvero?
Gentile signora Genovesi,
Certo che un marchio può aiutare. E molto. Lei, non ho dubbi, è sicuramente in grado di distinguere da sola del buon Parmigiano dal «Parmesan» originario di Denver. Ma un consumatore di un paesino della periferia ungherese potrebbe essere tratto facilmente in inganno di fronte a un formaggio con il quale non ha una certa familiarità. Il marchio lo aiuta dunque a scegliere il prodotto autentico e migliore. L’importante, ovviamente, è che dietro i marchi di origine ci siano dei protocolli seri e controlli rigorosi. Per quello che riguarda i nostri giustamente rinomati prodotti alimentari tipici di qualità, credo davvero che possiamo — una volta tanto — essere orgogliosi di commercializzarli e, soprattutto, di portarli sulle nostre tavole.