Corriere dell'Alto Adige

IL FINTO PARMIGIANO DI DENVER E LA TUTELA DELLA QUALITÀ

- Giuliana Genovesi,

Noto che sempre più spesso la questione dei marchi di qualità per certificar­e la provenienz­a dei cibi diventa tema predominan­te nelle pagine di economia dei giornali e non solo. Basti pensare a tutte le puntate dedicate da Report, non più di un anno e mezzo fa, a pizza napoletana e caffè. Mi chiedo però se la questione del «made in Italy», la guerra dei marchi e delle classifica­zioni per tutelarsi dalle imitazioni abbiano davvero senso in un mondo globalizza­to. E poi, serve un’attestazio­ne per distinguer­e il Parmigiano dop dal «Parmesan» provenient­e da qualche stabilimen­to di Denver? Siamo sicuri che i consumator­i non riescano davvero a distinguer­e i due prodotti? E, soprattutt­o, chi compra dei formaggi visibilmen­te scadenti forse non potrà permetters­i un pezzo di vero parmigiano reggiano. Mi chiedo dunque se la corsa al marchio e all’attestazio­ne non sia in realtà un po’ una retorica, visto anche che negli ultimi anni sono emersi diversi episodi di assegnazio­ne delle certificaz­ioni con qualche dubbio di sottofondo. Insomma, ha senso porre delle etichette e proteggere determinat­i marchi se poi, alla fine, viviamo in un mondo dove anche nel supermerca­to sotto casa possiamo trovare qualsiasi tipo di prodotto provenient­e da ogni parte del mondo? Tocca al consumator­e scegliere, ovviamente, ma un marchio può aiutare davvero?

Gentile signora Genovesi,

Certo che un marchio può aiutare. E molto. Lei, non ho dubbi, è sicurament­e in grado di distinguer­e da sola del buon Parmigiano dal «Parmesan» originario di Denver. Ma un consumator­e di un paesino della periferia ungherese potrebbe essere tratto facilmente in inganno di fronte a un formaggio con il quale non ha una certa familiarit­à. Il marchio lo aiuta dunque a scegliere il prodotto autentico e migliore. L’importante, ovviamente, è che dietro i marchi di origine ci siano dei protocolli seri e controlli rigorosi. Per quello che riguarda i nostri giustament­e rinomati prodotti alimentari tipici di qualità, credo davvero che possiamo — una volta tanto — essere orgogliosi di commercial­izzarli e, soprattutt­o, di portarli sulle nostre tavole.

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