Corriere dell'Alto Adige

«Danziamo sulla terra» L’urlo dei Sound System

Lochere di Caldonazzo, domani c’è la band reggae

- Fabio Nappi

Tutta l’energia e il calore dei Sud Sound System si prepara a surriscald­are l’atmosfera del Lochere Live Heartland Music Festival. Domani sera la band salentina sarà di scena sul palco delle Lochere di Caldonazzo nella formazione a quattro che vede Nandu Popu, Terron Fabio e Don Rico assieme a Papa Leu selecter «Live In Dj Set». Dopo diversi anni di assenza i portabandi­era del reggae salentino nel mondo tornano in Trentino per presentare il loro ultimo album Eternal Vibes (2017). Una storia cominciata nel 1989 che si sviluppa nel corso degli anni ’90. La consacrazi­one si ha nel 2003 con Lontano, che contiene il manifesto identitari­o Le Radici Ca Tieni e si aggiudica la Targa Tenco per il miglior album in dialetto. Il successo prosegue grazie al successivo Acqua Pe Sta Terra (2005), che dà alla band una dimensione ancora più internazio­nale grazie alle collaboraz­ioni di Luciano, Chico, Anthony Johnson e General Levy. Ne abbiamo parlato con Fernando Blasi, in arte Nandu Popu, una delle voci del gruppo nonché attore e scrittore. L’ingresso è di 10 euro e il concerto sarà aperto dai Rebel Rootz.

Che repertorio presentere­te in questa tappa regionale del vostro ultimo tour?

«L’estate è ormai finita e noi saliamo senza famiglia allargata nella formazione a quattro con Papa Leu in veste di selecter. Questa è la modalità che proponiamo d’inverno nei club ma in fondo la scaletta è sempre la stessa all’insegna del ballo e della catarsi. Abbiamo un nuovo album da proporre oltre a tutti i classici che in concerto non mancano mai».

A proposito di «Eternal Vibes» cosa rappresent­a questo lavoro nel vostro percorso?

«Rispecchia il nostro modus operandi che consiste nel guardarci attorno e raccontare. Da sempre lo facciamo attraverso il dialetto, che è l’ottava nota della musica, e la danza che è coesione, azzerament­o e voglia di andare avanti. Sempre più centrale in questo disco è il recupero della natura e della terra, sempre più da difendere da chi vuole trarne solo profitto, come cantiamo in Brigante».

Quali sono gli artisti che vi hanno maggiormen­te ispirato?

«Sono davvero tanti ma in particolar­e i giamaicani: la Giamaica è una terra generosa in cui è più la gente che canta di quella che non lo fa. Tanti abbiamo avuto la fortuna di incontrarl­i in questi anni e di suonarci assieme in studio. Ritrovarsi al fianco Anthony Johnson, Luciano, Freddy McGregor e Chico dopo averli ascoltati per anni su vinile è un’emozione confortant­e. Ascoltando Mistycal Sound ci hanno detto che facciamo reggae mediterran­eo: questo ci fa capire che abbiamo studiato».

Quali i vostri progetti dopo questa data trentina?

«L’idea è quella di continuare a promuovere l’album: a noi piace farlo porta a porta stando sul palco. Andremo in Germania e poi continuere­mo ancora in Europa: la nostra musica va sentita e non ascoltata, solo così il dialetto diventa una lingua universale».

Ci esprimiamo in dialetto, che è l’ottava nota della musica Ci ispiriamo molto agli artisti giamaicani, per noi sono davvero eccezional­i

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