MADRID IMPARI DAL SUDTIROLO
Del referendum catalano resteranno impressi nella memoria in primo luogo i filmati della violenza della Guardia Civil sulla popolazione, capaci di suscitare unanime sdegno e riprovazione. Può apparire una considerazione cinica, ma quelle aggressioni sono state il maggior successo degli indipendentisti catalani, i quali hanno gestito tutta la vicenda con colpevole spregiudicatezza: ora possono infatti legittimamente proporsi come vittime di uno Stato autoritario. Con il suo comportamento dissennato, Madrid non poteva fare un regalo migliore a chi aspira ad abbandonare lo Stato spagnolo. Ha lasciato che il problema imputridisse, per poi svegliarsi a pochi giorni dall’illegittimo referendum per rispondervi militarmente. Ciò che è mancato è la politica, la capacità di dialogare e di mediare: sarà difficile che compaia proprio ora, dopo quanto successo. Il silenzio della politica si è avvertito a Madrid, a Barcellona ma anche a Bruxelles, da dove ci si sarebbe potuti attendere un’azione mediatrice tra le parti e da dove invece non si è alzata neppure mezza parola. Ennesimo e triste esempio dell’impalpabilità politica europea, dell’inconsistenza e contraddittorietà di certe formule come «Europa senza confini» o «Europa delle regioni». Quando i confini e le regioni si riscaldano, il grande contenitore europeo pare del tutto incapace di fornire una risposta politica. Inutile rilevare che la questione viene seguita con grande attenzione e anche preoccupazione nelle tante zone d’Europa in cui si agitano regionalismi più o meno radicati e radicali. La gigantesca bandiera catalana fatta garrire al vento di Terlano ci riporta subito ai problemi di casa nostra. La prima considerazione è che le tensioni di confine non vanno mai considerate risolte per sempre, perché possono riaccendersi per i più diversi motivi di politica regionale, nazionale o internazionale. Va subito evidenziato, però, che se in Spagna assistiamo al fallimento della politica, forse in Alto Adige possiamo parlare di trionfo della politica, visto il modo più che soddisfacente in cui, a partire dagli anni Sessanta, la vertenza sudtirolese è stata affrontata e disinnescata dalle parti in causa. Non si tratta di incensare un «modello», ma piuttosto di richiamare l’attenzione di tutti sulla fragilità di qualsiasi soluzione concordata, che non può essere modificata a colpi di maggioranza e referendum, ma che può invece essere sempre ridisegnata sulla base di un nuovo e più avanzato compromesso politico.