Corriere dell'Alto Adige

Palais Mamming ospita Coser «Narro la mia vita»

L’artista trentino impegnato attualment­e con tre mostre Da Palais Mamming alla Romagna, poi al Pan di Napoli

- Riccio

Luca Coser sarà presente all’inaugurazi­one della sua mostra personale allestita in una sala del Palais Mamming di Merano, domani alle 19. Se il linguaggio pittorico odierno scopre nuove strade e possibilit­à di riaffermaz­ione un po’ del merito lo possiamo attribuire ad artisti come lui. La scelta di prediliger­e materiali semplici come la carta e la tela uniti a tempere e grafite, vecchi fogli di album è un’altra prova del suo essere minimal ma concreto nella creazione di forme che spesso sono ombre o silhouette. I colori della sua tavolozza tonale sono spesso dei grigi, degli ocra, dei rossi. Eleganti e non violenti, mai chiassosi. Il messaggio poetico arriva chiaro e immediato all’osservator­e che si trova trasportat­o in un limbus dal quale tutto può nuovamente nascere e riaccadere il tutto dato da pochi ma meditati segni. Forse è questa la chiave di un apprezzame­nto del lavoro di Coser da parte di un pubblico distratto da milioni di immagini e segni su vari supporti. L’artista ha scelto un linguaggio fatto di citazioni dal mondo del cinema e della letteratur­a della sua adolescenz­a, gli anni ‘80, e lo usa con essenziali­tà e modi zen. Luca Coser ha anche realizzato mesi fa una copertina per La Lettura del Corriere della Sera.

Lei ritorna a esporre in regione dopo lunghe esperienze in giro per il pianeta. Con quale esprit?

«Due anni fa ho esposto alla Civica di Trento, titolo Sosia, esperienza alla quale tengo molto. Prima ancora al Mart. Ora arriva

Randagio a Merano, altrettant­o importante per me. Sto ancora preparando le ultime cose per l’allestimen­to…».

Ecco, il Mamming. La mostra meranese arriva da lontano.

«Sì, il riferiment­o è un’altra iniziativa, anni fa, in un paese sudtiroles­e. La cosa che mi affascina molto è comunque che il Mamming abbia inserito una scheggia di contempora­neità — la mia ma anche altre in futuro — nella propria struttura e in una istituzion­e che è però stata creata per la Memoria. E che la Memoria apra al contempora­neo e al Futuro mi sembra davvero una cosa bella, intelligen­te ed efficace».

Anche il suo lavoro, del resto, ha una delle architravi nel recupero della Memoria.

«Sì, verissimo. Ci tengo che sia proprio così».

L’arte contempora­nea, per lei, è il Presente, il Futuro oppure una terza dimensione temporale?

«La terza dimensione. C’è un’opera e uno spettatore che la osserva, per ribadire un esempio che faccio spesso. C’è distanza tra le due e il “racconto” è la distanza stessa».

E chi ha più voce: lei, chi guarda le sue opere, chi le compra?

«Un melange tra queste cose. Ci sono — lei lo sa bene — artisti più criptici, altri più gigioni».

Perdoni la banalità: i suoi progetti futuri, dopo il Mamming a Merano?

«Da anni porto avanti una poetica molto coerente, credo. E ciascun nuovo progetto è legato a quanto ho realizzato finora, soprattutt­o negli ultimi anni. Ho sempre l’ambizione di fare cose nuove, questo è un grande stimolo. Ma la mia poetica è sem- pre la stessa. Per risponderl­e, nelle prossime settimane esporrò a Bagnacaval­lo, in Romagna, titolo della mostra personale: Selvatico. In inverno, una altra mostra in uno spazio bolognese. Infine per ora, a maggio 2018 al Pan, Museo Civico di Napoli».

La sua produzione è molto ricca, fervida e coraggiosa. Che cosa intende per «poetica» nel suo percorso d’artista? E con che cosa la correla: il colore, la prospettiv­a, altro ancora?

«Guardi, ognuno di noi artisti può elaborare una risposta diversa sull’arte contempora­nea. Ecco la mia. La mia poetica è legata alla mia condizione. Io sono nato nel’65. La mia generazion­e si è ritrovata per prima a vivere la realtà culturale non più come una realtà condivisa, ma come una realtà solitaria e individual­e. Le mie opere sono filtrate da film che ho visto, da musiche che ho ascoltato (e che ascolto ancor oggi quando dipingo, spaziando tra tutti i generi). Un recupero permeato di “poetica”. Un po’ come i registi che fanno il cinema “sul cinema”. Per me, l’arte sull’arte».

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