Nuovi prodotti, Sun Edison investe a Merano
Sun Edison, il ministero dello sviluppo economico e la Provincia hanno deciso di investire quasi un milione di euro per sostenere il nuovo programma di ricerca industriale della multinazionale.
Ad alcuni giorni di distanza, forse si può tentare di ragionare a mente fredda sul referendum catalano. Credo che sia necessario fare un’analisi seria e ragionata su quanto accaduto, anche per comprendere quale futuro ci attende, in Europa come nella nostra piccola realtà altoatesina. Dico piccola perché quando sento fare paragoni tra noi e la Catalogna mi viene da sorridere: popolata da oltre sette milioni di abitanti, la Catalogna è una delle quattro regioni più industrializzate d’Europa, i cosiddetti quattro motori, e Barcellona è una delle metropoli più conosciute e visitate al mondo. Realtà inconfrontabili, quindi, e anche volendo analizzare le spinte indipendentiste che le accomunano, si scoprono molte differenze, sia storiche sia sociali. Ciò premesso, scrivo per porre una serie di quesiti. Per quanto vergognoso possa essere sembrato il modo violento delle forze dell’ordine, mi è parso che la lettura mediatica data alle «repressioni» di domenica sia a dir poco distorta. Il presunto referendum era illegale, non ci sono altre definizioni, e le forze dell’ordine hanno solo fatto il loro compito di impedire la commissione di un reato. C’è il rischio concreto che simili iniziative assurde vengano organizzate, prima o poi, anche a Bolzano? Pur nel rispetto delle (queste sì legittime) istanze etnicoidentitarie, è giusto che un gruppo indipendentista minoritario, come quello catalano, si arroghi il diritto di rappresentare tutta la popolazione, inscenando un referendum che almeno la metà della popolazione non voleva (lo dicono i dati delle ultime elezioni), attirando l’attenzione di tutto il mondo su una pretesa secessionista non condivisa non solo dagli spagnoli, ma nemmeno dalla maggioranza dei catalani? Infine: come se non bastassero tutti i problemi che abbiamo, a iniziare dal terrorismo islamico, ci mancavano solo questi capricci politici, che tra l’altro vengono sempre da zone benestanti, a turbare la pacifica convivenza tra popoli e Stati d’Europa, minando un equilibrio forse imperfetto, ma ottenuto a caro prezzo. Luigi Campagna, BOLZANO
Caro Campagna,
Il futuro rimane incertissimo e speriamo che in qualche modo tutto si risolva pacificamente, anche se mi preoccupa il frenetico clima di isteria secessionista collettiva che ha varcato i confini della Catalogna. E temo anche i politici apprendisti stregoni che paiono non rendersi conto delle possibili conseguenze di quanto hanno messo in moto.
Fortunatamente l’Unione europea ha detto quello che tutti già sapevano: quel referendum è illegittimo e illegale. In Europa non ci saranno nuovi Stati o modifiche di confini per via secessionista, quindi è normale che uno Stato difenda la legalità, pure con la forza, per quanto sarebbe meglio evitare di usarla.
Il pronunciamento europeo ha fatto rinsavire qualcuno anche dentro la Volkspartei, e ciò non può che essere positivo. Ho davanti a me un’intervista dell’europarlamentare Svp Herbert Dorfmann a Tageszeitung. Il cambio di registro è evidente: intanto Dorfmann chiama «nazionalisti» quelli del governo catalano, mettendo in guardia proprio dai pericoli che queste posizioni solitamente comportano. Poi — messaggio che pare rivolto soprattutto al presidente della giunta provinciale altoatesina, Arno Kompatscher — dice che si ha un’immagine «spesso completamente falsa della situazione in Spagna». Ricorda inoltre che i baschi e Barcellona hanno ottenuto un’autonomia relativamente vasta, segnalando, come fa anche lei, caro Campagna, che la Catalogna è tra le regioni più ricche d’Europa. Insomma, non si tratta di una terra popolata da poveri disperati, resi tali dal giogo di Madrid, privati in più dei loro fondamentali diritti. Al proposito ricordo che tra le tante competenze autonomistiche catalane, oltre alla sanità e alla polizia, vi è quella più importante per una minoranza: cultura e scuola. Ebbene in Catalogna (per volontà del governo autonomo-secessionista) nelle scuole si insegna solo e unicamente in catalano. Pensiamo un po’ se succedesse anche da noi.