«Il mio Nino e quelle pipe accese nelle tasche»
È la storia di un grande amore, di una famiglia, di valori, di ideali. È la storia di una moglie che racconta di suo marito, ma è anche un frammento di storia sociale e politica d’Italia e del Trentino. La nostra migliore storia. Si perché il libro È stata tutta luce di Giana Petronio Andreatta (foto Matteo Rensi), edito da Bompiani e presentato ieri in presenza dell’autrice all’Associazione culturale Rosmini, racconta di Giana e dell’amore della sua vita, Nino Andreatta, trentino, assistente fuori sede, più grande di lei di alcuni anni.
Quel Nino Andretta deputato, ministro del Tesoro, della Difesa, degli Affari Esteri. Nel racconto di Giana, psicoanalista, scorre la loro vita insieme, ricordata attraverso le memorie dei fatti minuti, quotidiani e privati, mentre in parallelo si dipanano gli impegni accademici e pubblici, gli incarichi governativi, fino alla frattura: l’arresto cardiaco, il coma prolungato, la fine. Una storia di persone, di una famiglia italiana dagli anni del dopoguerra a oggi, una classe dirigente appassionata, un ritratto di borghesia impegnata, con molti riferimenti al Trentino. «In realtà non ho iniziato a scrivere questo libro — racconta Giana Andretta — me lo sono ritrovato tra le mani. Avevo cominciato a raccogliere aneddoti, storie della mia famiglia fissandole in un diario. Non volevo che tante memorie andassero perdute, volevo lasciare qualcosa ai miei figli, ricordi vivi e vividi che li accompagnassero negli anni».
Nel libro, nella sua filigrana, non può mancare la testimonianza della storia, Andreatta, ad esempio trattenne un lungo sodalizio con Bruno Kessler, presidente della Provincia di Trento, incentrato sui temi dell’autonomia regionale. «Ricordo di quella volta che ci raggiunse anche nel nostro breve viaggio di nozze — sorride —. Eravamo a Venezia, si incontrarono sul Canal Grande per condividere un discorso insieme». Il ritratto che emerge di Andretta è quello che tutti ci aspettiamo, solo più lucido, più ricco di sentimento, più intimo. È quello di un uomo integro, preparato, professionale, pieno di curiosità, risorse e interessi «avido di ogni tipo di conoscenza». Nelle pagine affiora anche l’uomo, il padre, il marito. La storia meno nota. «Era tanto concentrato sul lavoro quanto distratto e disordinato sul resto — prosegue Giana —. Una volta restammo a piedi con l’auto perché senza benzina, un’altra non pagò il bollo facendomi finire nei guai con la giustizia perché la macchina era intestata a me, benché non la guidassi». O ancora delle tante giacche rovinate da pipe dimenticate accese nelle tasche. Ecco perché È stata tutta luce non è, e non può essere, semplicemente una testimonianza storica. «È prima di tutto una dedica d’amore — dice ancora l’autrice — nei confronti della mia famiglia, di Nino che non mi lascia mai. Nemmeno adesso. L’ho sognato anche l’altra notte, lui è ancora con me».