GIOVANI SOCIAL MA POCO ATTIVI
Chiedimi se sono felice. Ai giovani l’hanno chiesto davvero. L’Osservatorio che monitora la condizione giovanile in Italia rileva che più del 70% dei nostri ragazzi sostiene di essere abbastanza o molto felice; ciò sebbene ci sia la consapevolezza che il proprio Paese offra limitate o scarse occasioni per chi abbia la fortuna di entrare nel mercato del lavoro. Una felicità non ingenua, dicono gli esperti, che la carenza di prospettive può scalfire, lasciando che siano l’ansia e il senso di impotenza ad avere la meglio, due possibili lati del perimetro della marginalità. La felicità di cui si parla è quella meno connessa al benessere economico, legata piuttosto alla produzione di senso e al riconoscimento sociale. In altre parole, la buona scorta di autostima che serve per crescere e realizzarsi. È la stessa felicità che vanno cercando i giovani altoatesini e che la recente indagine Astat ha misurato. Esser felici sta al primo posto degli obiettivi da raggiungere nella vita. Come contraddirli?
Se poi si chiede quale sia, secondo loro, il maggior problema in Alto Adige, salta fuori l’egoismo e l’invidia. Solo a seguire, il costo della vita, la difficoltà di trovare casa e lavoro, l’immigrazione. Si potrebbe azzardare che in una simile risposta vi si legga il riflesso della centralità conquistata dalla questione morale nella vita pubblica e nella politica italiana. Tv, giornali e famiglia sono stati d’altra parte un’ottima cassa di risonanza. Ben venga che i nostri giovani apprezzino e chiedano onestà, legalità, fedeltà. Ma si tratta di una parte della spiegazione. Se ci spostiamo sul piano dell’universo di valori, ovvero su ciò che loro ritengono «in» e «out», come interpretare la prevalenza di aspetti più attinenti alla sfera personale (cortesia, fedeltà) che all’impegno sociale (assumersi responsabilità, solidarietà, onestà, legalità)? Ha una qualche correlazione con l’idea che l’egoismo e l’invidia siano problemi più stringenti rispetto alle grandi questioni sociali?
La «personalizzazione» — inclusi i suoi derivati — è una piega dei comportamenti sociali e politici che non scopriamo da oggi. La sfera personale è sempre più misura del mondo. Ragionando sui nostri ragazzi, al «sociale» la stragrande maggioranza di loro preferisce il «social». Secondo l’indagine il 60% fruisce dei grandi network più per finalità private, mentre la restante parte ne fa un uso più pubblico. Sono piattaforme di certo non estranee a impegno e, qualche volta, alla mobilitazione, tuttavia la partecipazione è qualcosa di diverso dal semplice esserci. E non vale solo per i giovani.