LO SCIOVINISMO SEPARATISTA
Dopo quanto è successo (e sta ancora succedendo) in Catalogna, non sono in pochi a chiedersi se qualcosa del genere possa avvenire anche altrove. Restringiamo l’analisi ai due contesti che ci sono prossimi. Il primo è costituito dal nostro Alto Adige/ Südtirol, terra di indipendentisti atavici, i quali ovviamente non mancano mai di ispirarsi in giro per il mondo, soprattutto se la battaglia per la secessione da loro perseguita sembra aver perso mordente. Il secondo contesto è invece più interessante, giacché riguarda due tra le regioni più economicamente rilevanti del Nord, la Lombardia e il Veneto, i cui cittadini saranno chiamati a votare domenica un referendum di carattere autonomistico.
Cosa sta accadendo, dunque, nell’antico Lombardo-Veneto? Sulla carta niente di sconvolgente. Il terzo comma dell’articolo 116 della Costituzione permette alle regioni che possono vantare un bilancio in equilibrio di richiedere allo Stato centrale un numero maggiore di competenze condite da una più abbondante dotazione finanziaria. In realtà non ci sarebbe neppure bisogno di un referendum per raggiungere tale scopo. L’Emilia-Romagna ha infatti già attivato le procedure previste da quell’articolo in luglio, senza per questo chiamare un solo cittadino alle urne. Perché dunque veneti e lombardi hanno tanta smania di votare? La risposta ha un retrogusto catalano: evidentemente lo fanno, anche loro, per «sentirsi un popolo» e caricare le legittime rivendicazioni di tipo amministrativo di un surplus simbolico e identitario. Il rischio però è quello di franare nello sciovinismo separatista, anche se a parole ciò viene smentito categoricamente.
E con ciò torniamo al Sudtirolo, nel quale lo sciovinismo separatista è sempre dietro l’angolo. Qui l’esempio catalano ha innescato solo i fan del «Südtirol ist nicht Italien», senza intaccare troppo lo scetticismo generale con il quale i più assennati hanno per fortuna imparato ad affrontare tali fiammate ricorrenti (possiamo scordare chi, all’inizio degli anni Novanta, inneggiava al «vento balcanico»?). Al cospetto di un’autonomia funzionante, anche la passione per la democrazia del voto a ogni costo può subire un processo di giudizioso raffreddamento. Se per «sentirsi un popolo» c’è bisogno di salire sulle barricate — e ciò significa togliersi la giacca, la cravatta, cercare un luogo per mettere al sicuro tablet o telefonino —, molto meglio farsi passare la smania e continuare a dedicarsi a occupazioni meno burrascose.