Corriere dell'Alto Adige

CENTRO STUDI SULL’AUTONOMIA TRENTO E BOLZANO COLLABORIN­O

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- Vincenzo Calì

Mentre a Trento Lorenzo Dellai rilancia il progetto di comunità, Gaspare Nevola, diradatosi il polverone sollevato dalle sue dichiarazi­oni in tema d’autonomia, invita a «riflettere sulla modesta partecipaz­ione dei trentini alla Consulta per la revisione dello Statuto» e sullo «squilibrio partecipat­ivo fra germanofon­i e italofoni intorno alla Convenzion­e di Bolzano». Proviamo allora a osservare il quadro di riferiment­o: l’architrave della convivenza regionale, l’accordo Italia-Austria del 5 settembre 1946, ha praticamen­te esaurito il suo compito con la quietanza liberatori­a del 1992, mentre il nuovo Statuto che da ciò dovrebbe scaturire è ben lungi dall’essere approvato. L’esasperant­e lentezza con cui l’Italia procede sulla strada della piena attuazione del regionalis­mo, oltre a danneggiar­e le Regioni a statuto ordinario, ha determinat­o per la speciale autonomia della nostra regione un processo di logorament­o che, se non interrotto da pratiche innovative, può mettere a rischio l’intero impianto. I pur numerosi studi usciti negli anni non bastano a dare risposte esaurienti: torna d’attualità il vecchio progetto di un centro studi sull’autonomia che si era fermato alla costituzio­ne in Regione di una biblioteca dell’autonomia. Un centro di livello internazio­nale che studi i fenomeni autonomist­ici potrebbe risultare un valido sostegno agli amministra­tori che in un futuro ormai alle porte si troveranno a dover affrontare non pochi problemi. Tale Centro studi potrebbe trovare un aggancio istituzion­ale nella presidenza del Consiglio provincial­e, l’organo che rappresent­a l’intera comunità. Un analogo processo finalizzat­o alla realizzazi­one di un centro indipenden­te anche a Bolzano favorirebb­e sicurament­e il riavvicina­mento tra le comunità linguistic­he che vivono ai piedi delle Dolomiti, le quali oggi guardano con apprension­e alla crescita delle spinte sovraniste in Italia e in Austria. Impostare un serio lavoro di analisi del fenomeno, anche in chiave comparata, richiede almeno il tempo di una legislatur­a, per cui sarebbe auspicabil­e una grande alleanza sancita da un «patto costituent­e» con Bolzano che ribadisca l’impegno delle due comunità per la stesura di una carta comune della convivenza. Viviamo in una terra che, in tempi di primato della destra conservatr­ice in tutto il Nord Italia, grazie al compromess­o virtuoso fra popolarism­o e socialdemo­crazia ha saputo mantenersi fedele ai principi di solidariet­à, libertà, giustizia; in tale impegno, sarebbe un delitto non continuare secondo linee programmat­iche concordate fra i soggetti interessat­i.

Caro professor Cali,

i pare che le sue proposte siano tutte interessan­ti e utili per difendere e sviluppare l’autonomia. In Alto Adige i temi autonomist­ici sono trattati scientific­amente già da Eurac. Dunque non siamo all’anno zero. Lo siamo, invece, come iniziative congiunte in materia da parte delle due province. Vero: sul piano nazionale si è innestata la marcia indietro sul piano dell’autonomia regionalis­ta. Ma non bisogna dimenticar­e che ciò è avvenuto a furor di popolo dopo i tanti, troppi scandali nel vedere come numerosi politici regionali intendevan­o l’autonomia quale loro privilegio. Per concludere è il buon governo — efficiente ma anche solidale e sobrio — la migliore difesa della autonomia.

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