Enklava a Religion Today
Radovanovic: «In Kosovo resta l’odio tra le due comunità»
Un film duro ma necessario. Enklava di Goran Radovanovic, regista serbo vincitore di numerosissimi premi, è in arrivo a Pergine nell’ambito di Religion Today (oggi ore 20.45, Teatro don Bosco) e già si annuncia come uno degli appuntamenti di maggior richiamo del Film Festival 2017. La storia è ambientata nel Kosovo del 2004 con i segni ancora presenti della guerra del 1999 e racconta la vita in un’enclave serba nel nord del Paese, in un piccolo villaggio isolato tra le colline. Il protagonista è un bambino di dieci anni che osa fare qualcosa di inimmaginabile per entrambe le comunità — serbi e albanesi, cristiani e musulmani —: farsi un amico sul fronte opposto.
«Nel 2004 ci fu il cosiddetto “Pogrom di marzo”, durante il quale la comunità kosovara albanese attaccò la minoranza serba — spiega il regista — decine di chiese ortodosse furono bruciate e molti paesi e città furono oggetto di pulizia etnica». Il film indaga l’essenza di un conflitto che ancora oggi non si è placato. «Ora la situazione è migliorata, ma l’odio tra le due comunità è rimasto lo stesso e la Serbia continua a non riconoscere l’indipendenza del Kosovo».
Pur ribadendo la sua coscienza sociale e politica, il regista è molto chiaro nell’affermare: «L’arte non può cambiare la storia, ma può creare uno spazio comune di dialogo». In questo senso loda Religion Today: «I festival sono molto importanti, permettono la visione di film che hanno avuto una scarsa distribuzione e radunano un pubblico bellissimo. Religion Today è importante perché parla della religione come una parte dell’identità degli esseri umani in maniera molto aperta, senza focalizzarsi su una singola fede».
All’attività dietro la macchina da presa da diversi anni Radovanovic affianca quella dietro la cattedra: «Se dovessi dare un consiglio a un giovane regista gli direi di credere nei propri sogni, scegliere una storia da raccontare e trovare il modo di farlo. In questo senso non c’è differenza tra film d’autore e documentario, perché anche nel secondo la “verità” dipende dal punto di osservazione della storia. Forse c’è più verità nella finzione perché si può essere creativi e creare un universo poetico e filosofico, e la bellezza è verità».