Il giurista, un problem solver
Il libro È edito dal Mulino il saggio di Pascuzzi sul futuro della professione legale «Redigere norme non basta, servono risposte pratiche ai dilemmi quotidiani»
La mano che prima stringeva l’altra s’è ritirata. Il patto fiduciario tra cittadini e tecnici, quell’incondizionata delega simbolicamente affidata a chi sa, a chi può, da tempo vacilla. «È proprio dal sistema democratico in quanto tale, cioè da quella fitta rete di istituzioni inventate con genialità e costruite con fatica dai nostri padri, che un numero sempre maggiore di loro figli e nostri contemporanei si sentono traditi e delusi», scriveva in Babel il compianto Zygmunt Bauman. Un disincanto che diventa frustrazione e mina quel sistema di regole che ha orientato i rapporti di autorità e le modalità della loro legittimazione. È da qui, allora, che è bene partire. Ossia dalla consapevolezza che gli attori deputati alla risoluzione dei problemi devono ri-acquisire autorevolezza e credibilità, migliorando il processo stesso che conduce alla soddisfazione del proprio compito.
Nel suo ultimo libro Giovanni Pascuzzi offre il suo contributo, aiutando i giuristi a misurarsi con la polisemia dei problemi che quotidianamente affrontano e dovranno affrontare. Il problem solving nelle professioni legali, edito da il Mulino, codifica così un metodo rigoroso, scientifico, seguendo le vie del razionalismo critico. «Il giurista può essere considerato un problem solver che affronta diverse tipologie di problemi ponendo in essere una serie di attività cognitive per giungere alla loro soluzione», scrive sin dalle prime righe l’autore, docente di diritto privato comparato all’università di Trento.
I destinatari della guida, un vero e proprio manuale di gestione dell’attività legale, sono principalmente avvocati, notai, magistrati, legislatori/regolatori di testi normativi. Tuttavia la platea è ben più ampia: al di là degli aspetti tecnico-formali (come si scrive un contratto o un atto di causa, per esempio) il percorso che conduce alla risoluzione dei problemi è agilmente applicabile ad altre professioni. Un caso su tutti: l’incontro con il cliente e le modalità con cui si svolge il colloquio per individuare il problema stesso costituiscono l’impalcatura di una qualsiasi relazione tra chi ha un bisogno e chi può soddisfarlo. In questo caso, infatti, oltre alle semplici competenze tecniche sono necessarie abilità comunicative, agilità nel porre le domande giuste e, citando Plutarco, dimestichezza nell’arte dell’ascoltare. «Nelle professioni legali – scrive Pascuzzi – i rapporti con le persone hanno una funzione primaria. Occorre, quindi, saper costruire le relazioni con i clienti che sono innanzitutto di natura fiduciaria: l’ascolto è lo strumento principale per ottenere questo. Non è un’impresa facile perché richiede impegno: ci si deve sforzare di capire il messaggio lanciato dal proprio interlocutore; bisogna dirigere la propria attenzione verso l’altro per entrare nel suo sistema di riferimento. Perché solo attraverso l’ascolto è possibile intendere, capire, percepire, cogliere, afferrare». Giurista, avvocato, notaio, ma anche counselor: il processo di risoluzione dei problemi, che è principalmente metodo, implica interdisciplinarietà. Scienze cognitive, psicologia sociale, scienze della comunicazione, pedagogia: l’approccio è olistico.
Ma la portata sociale della capacità di risolvere problemi dipanata nel volume si evince maggiormente riflettendo sul ruolo dei legislatori. «Siamo abituati a pensare che non esista problema della vita quotidiana, dal più piccolo al più grande, che non possa essere risolto con l’intervento del legislatore – scrive Pascuzzi – Singoli cittadini, associazioni, esponenti di categorie economiche, partiti politici invocano riforme legislative simili per risolvere problemi che vanno dalle regole per migliorare la qualità della vita, fino alle specifiche delle macchine per cucire». La normazione come risposta ai problemi di ogni tipo, per certi versi è rimasta immutata nel mezzo della crisi del patto fiduciario tra cittadini ed esperti. L’astrattezza della norma rimane garanzia, baluardo per la soddisfazione dei singoli (e più disparati) bisogni. Ecco, allora, che si palesa la responsabilità che grava sulle spalle del regolatore, ovvero il problem solver a cui Pascuzzi si rivolge illustrando passaggi minuziosi per codificare il problema, analizzarne i confini, valutarne il superamento, misurarne la ricaduta prevedibile. Tradotto: individuando non per forza la soluzione assoluta, pressoché inesistente, bensì quella scientificamente adatta tra le ipotesi percorribili. «Se il giurista rimane solo il tecnico della redazione delle norme sarà sempre più marginalizzato – spiega l’autore - Se diventerà il problem solver dei processi regolativi allora ritroverà a pieno il suo spazio». Seguendo il ritmo del ragionamento, allora, Pascuzzi invita a ridisegnare il perimetro della formazione del giurista, «a cominciare dagli skills del lavoro interdisciplinare e da quelli connessi alla creatività e all’innovazione».