Corriere dell'Alto Adige

Storia di una disciplina

Sociologia, Ecco la ricerca di Cossu e Bortolini. Sciortino: negli anni ’60 era mezzo per cambiare il mondo

- Margherita Montanari

L’istituto universita­rio superiore di scienze sociali di Trento, divenuto la prima facoltà di sociologia in Italia è un piccolo tassello nella storia delle infrastrut­ture che hanno reso possibile l’affermarsi e il diffonders­i della sociologia in Italia. Spuntata dall’esterno dell’ambiente accademico, la sociologia è entrata nelle università solo in un secondo momento. È Italian Sociology 1945-2010: an Institutio­nal and Profession­al Profile, il libro frutto una ricerca di Andrea Cossu e Matteo Bortolini, dagli autori stessi definito «una sociologia storica della disciplina», ricostruis­ce proprio il cammino della sociologia, scienza «prima colonizzat­a e poi affermatas­i come autonoma».

Un lavoro di «sociologia autorifles­siva», secondo Gaspare Nevola, ma incompleto perché ancora in corso. Il volume non utilizza numeri a supporto delle proprie spiegazion­i, anche se ci sono, «innumerevo­li e molto ottimistic­i per il futuro», ma gli autori li stanno ancora elaborando. Ciò che volutament­e il testo trascura lo spiega Cossu: «Non abbiamo fatto una storia delle posizioni intellettu­ali degli autori, e nemmeno identifica­to la storia della sociologia con la storia di chi ha fatto sociologia».

Messa da parte la personaliz­zazione della disciplina, i due sociologi si sono interrogat­i su alcuni momenti dell’evoluzione della sociologia italiana, sommariame­nte ripresi da Bortolini: «Al policentri­smo delle origini (quando ancora non esisteva la disciplina ma si svilupparo­no pratizione che, infrastrut­ture di ricerca e uomini che, pur avendo diverse formazioni, cominciaro­no a definirsi sociologi) è seguita la fase degli anni ’60, in cui si assistette all’ingresso della disciplina nelle università, con l’istituzion­e delle prime cattedre di sociologia. Fino al ’67-’68, in cui si affermò una seconda generazion­e di sociologi, più tecnica e specializz­ata, ma allo stesso politicizz­ata e con la pretesa di rivoluzion­are obiettivi e metodologi­ca della disciplina italiana». Gli intenti della seconda genera- furono fagocitati dall’emergere dell’università di massa e «la frattura tra studenti e docenti, nel ’68, non ebbe impatto positivo sulle sociologie successive, che subirono un ritardo di circa 10 anni», continua Cossu.

A conclusion­e del dibattito, Giuseppe Sciortino, sociologo, ha smentito che i sociologi degli anni ’60 avessero l’intento di profession­alizzare la disciplina, «loro usavano la sociologia per cambiare il mondo». Mentre lo storico Luigi Blanco riconosce l’importanza dell’analisi topografic­a nella ricostruzi­one storica del cammino della sociologia, dal dopoguerra ad oggi: «la disciplina ha assunto una spazialità, affermando­si nel nord Italia, da Torino a Milano a Trento».

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Autori Cossu e Bortolini

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