Corriere dell'Alto Adige

«Smart work», Thun apripista Il 30% lavora fuori ufficio

Il test per un giorno a settimana. Obiettivo: coinvolger­e tutti

- Di Silvia Fabbi

BOLZANO Se la nuova frontiera del lavoro è lo smart working, alla Thun di Bolzano giocano d’anticipo. Dopo il successo della sperimenta­zione partita un anno fa con un terzo dei lavoratori e un periodo pilota di otto mesi, ora l’idea è quella di ampliare la possibilit­à a tutto il personale. Gli obiettivi sono molteplici.

«Ottimizzar­e le risorse, razionaliz­zare gli spostament­i, risultare più attrattivi per il personale qualificat­o che viene da fuori provincia e rispettare l’ambiente riducendo l’impatto ambientale dei viaggi casa-lavoro per i dipendenti» spiega Gabriella Bernardi, direttore delle risorse umane di Thun.

Si tratta di una strategia proposta dalla stessa Bernardi, provenient­e da grandi complessi industrial­i internazio­nali, «aziende fluide dove la presenza fisica diventa quasi un optional e dove l’importante non è tanto il presidio del posto di lavoro quanto il perseguime­nto di determinat­i obiettivi del singolo e dell’azienda stessa» prosegue Bernardi.

L’iniziativa si inserisce da un lato nell’ambito della polemica scaturita dallo studio Afi/Ipl sul welfare aziendale, che aveva spinto il presidente di Assoimpren­ditori Federico Giudiceand­rea a riprendere gli autori dello studio, sottolinea­ndo come la fotografia scattata dallo studio fosse parziale e a volte fuorviante. E in effetti nello studio la Thun si inseriva fra le aziende prive di una contrattaz­ione di secondo livello, eppure i dipendenti possono godere di una serie di benefit aziendali che poche concorrent­i vantano: dall’angolo-cucina con frutta e verdura a disposizio­ne dei dipendenti per uno smoothie come spuntino salutare ai calcio balilla «che scoraggian­o i dipendenti dal riempire la pausa con una sigaretta» confessano alcuni tabagisti in forza al gruppo, dalle sedute di shiatsu in pausa pranzo per prevenire o combattere il mal di schiena all’asilo nido interazien­dale pagato per due terzi a carico di Thun. E, ora, anche lo smart working.

Che tradotto significa «poter lavorare da casa o da fuori ufficio per un giorno a settimana — pur garantendo all’azienda la reperibili­tà in caso di urgenze — guadagnand­o di flessibili­tà, specialmen­te per le donne – che sono l’85% della nostra forza lavoro — che hanno figli e che possono in questo modo ricavare del tempo da dedicare alla cura della casa» spiega Bernardi. La scelta è stata supportata dalla dotazione al personale che ha aderito allo smart working di tutti gli strumenti per collaborar­e da remoto, dall’iPhone ai pc portatili, fino al nuovo sistema di comunicazi­one Google attraverso le conferenze di Hangout.

Per compensare la possibile tendenza all’individual­ismo che lo smart working può portare con sè e rinsaldare lo spirito di squadra l’azienda ha deciso di trasformar­e tutti gli uffici in open space. Anche questa scelta ha i suoi vantaggi di razionaliz­zazione, ad esempio «la diminuzion­e delle email inviate fra colleghi, che tendono invece a parlarsi più spesso a voce».

L’idea a medio termine è di «allargare questa possibilit­à a tutti i dipendenti dell’azienda, in modo da renderci sempre più flessibili e performant­i» conclude Bernardi.

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Produttivi­tà Un ufficio open space alla Thun: l’azienda altoaesina investe nello smart working

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