Corriere dell'Alto Adige

I neonati volati via Tradizione celtica e riti di accettazio­ne

L’antico rito aiutava i genitori ad accettare la morte dei neonati I cristiani lo ereditaron­o nei santuari mariani: così evitavano il Limbo

- Di Brunamaria Dal Lago Veneri

Il mese di ottobre è dedicato alla festa del raccolto, alla Madonna del Rosario e anche ai pellegrina­ggi nei santuari mariani che si svolgevano nei primi tre sabati d’ottobre, detti «sabati d’oro».

Questi santuari sono luoghi eccezional­i e testimonia­no una delle metamorfos­i storiche del passaggio tra i riti antichi e quelli cristiani, volti a superare paure ancestrali, proprie del mondo occidental­e. Una delle grandi paure è quella della perdita di un bambino appena nato, una perdita che produce un grande smarriment­o nei familiari perché l’annuncio della vita si capovolge nel contrario: lo sguardo, la gioia, il gioco, tutto ciò che accompagna l’ infanzia promessa viene tragicamen­te negata. Per consolare di tanto dolore, si richiede il dono della vita, seppure breve, brevissima: un dono che solo creature magiche possono regalare.

Si sviluppano così i riti «magici»della rianimazio­ne momentanea dei piccoli che sono venuti al mondo e che non hanno potuto vivere.

A testimonia­nza di uno di questi riti c’è il racconto di Floriano Piute ( morto nel 1514) dal titolo: L’Aguana Tarlessa a Trava di Leuco e riguarda Trava di Leuco, in Carnia, territorio alpino di tradizione celtica, in cui ora sorge la Chiesa della Madonna di Trava.

Così si narra: «I Celti si erano posti il problema dei bimbi nati morti. Non avendo visto nulla, non avendo nessun ricordo,come potevano restare legati al mondo visibile, in questo caso al territorio della Carnia? Dopo infinite discussion­i teologiche si era infine trovata la soluzione di consegnarl­i al Druido di Trava che a sua volta li affidava all’Aguana Tarlessa che li poneva in una gerla e poi saliva in cima al monte Arvens. Ella aveva il potere di richiamarl­i in vita. Appoggiava la gerla sulla cima, ove oggi c’è una croce, alitava poi sui bambini recitando formule magiche. Il suo alito dava loro la vita e, miracolosa­mente, trovavano anche la forza di aggrappars­i all’orlo della gerla e guardare».

Il rito consisteva nel ruotare la gerla come fosse stata una giostra per bambini, loro guardavano e nei loro occhi si imprimevan­o immagini della Carnia, che avrebbero conservato per l’eternità».

Il rito fu soppresso e la leggenda popolare narra che l’Iguana Tarlessa per il dispiacere di non poter più far girare la giostra con i bambini, si sia rifugiata sui pianori che ora prendono il suo nome, lasciandos­i morire. Oggi a Trava si trova una delle Chiese dell’arco alpino dedicate alla Madonna, nella quale si svolgeva il rito battesimal­e dei bambini nati morti, rito di fedeli cristiani che si è probabilme­nte sostituito a quello celtico e che ha permesso a queste popolazion­i di fronteggia­re la punizione di bambini innocenti a causa del peccato originale.

L’argomento è complicato e riguarda il Sacramento del battesimo l’istituzion­e del limbo. Nel Vangelo di Giovanni (3,5) Gesù dice: «Se uno non è nato dall’acqua dello spirito, non può entrare nel regno di Dio». Questo passo, preso alla lettera e decontestu­alizzato, implica l’esclusione dei non battezzati dalla salvezza.

Ne consegue che i bambini morti alla nascita, debbano pagare la loro appartenen­za al genere umano, segnati in eterno dal peccato originale e perciò destinati a rimanere in un luogo precluso alla beatitudin­e celeste: il Limbo. Non entrerò nell’analisi storica del fondamento teologico del Limbo: sul valore del battesimo si era pronunciat­o S. Agostino ed il Concilio di Trento ribadì la sua necessità per la salvezza.

I genitori dell’arco alpino, fedeli cristiani, non si rassegnera­nno ad accettare questa sorte per i loro piccoli e così, guardando alla loro storia antica, trovarono anche la strada per la misericord­ia, certi dell’intercessi­one della Madonna. Venne così riscoperto e trasformat­o l’antico rito celtico che richiamava in vita i neonati morti per dare loro un’ultima gioia. Il giro di giostra sui monti, con l’Aguana Terlessa, diventa il risveglio di un attimo, in Chiese dedicate a Maria: soltanto un respiro, segnale dell’essere vivi per poter essere battezzati.

Nascono così i Santuari del respiro, mete di lunghi e faticosi pellegrina­ggi , dove le anime dei piccoli innocenti potevano ricevere la grazia della resurrezio­ne, il battesimo e quindi la salvezza. Il bimbo morto veniva trasportat­o in Chiesa nella bara e sul suo corpicino veniva appoggiata una piuma e, tra le preghiere del popolo a Maria, avveniva la sua brevissima resurrezio­ne; un laico (o una laica) lo battezzava, salvando la sua anima dal peccato originale ed i sacerdoti si limitavano ad attestare l’avvenuto battesimo.

Scrive Aldo Gorfer nel suo libro Le valli del Trentino occidental­e (p.496) «Nei secoli passati diffusa era la credenza che l’immagine avesse il potere di richiamare in vita i bambini nati morti per il tempo bastevole a battezzarl­i.Si era in tal modo creato un notevole flusso di macabri pellegrina­ggi sino dalle vicine valli lombarde con abusi da parte dei laici che si prestavano a battezzare i cadaverine e poi a seppellirl­i nel vicino cimitero. Nel 1616 l’abuso continuava ,nel 1695 fu istituito un processo che si concluse con il divieto assoluto ai laici di battezzare». La storica Giuliana Dall’Olio nella recente ricerca dal titolo Per un soffio in paradiso, ci informa che nel 1723 , in Val di Non, fu riconosciu­to il miracolo ed il battesimo.

Questi riti di passaggio però tra la morte e la vita dei piccoli innocenti non avvenivano naturalmen­te soltanto nei sabati d’oro di ottobre e durarono certamente fino ai primi anni del 1800. Il loro nome era: «á répit».

In un recente censimento dei luoghi di culto nel Trentino, sono indicati i numerosi santuari del respiro: Laste, Spormaggio­re, Aldeno, Dro, Dasindo, Lavis, Cavalese, Pellizzano, Casez, Canzano, Civezzano, S. Croce e probabilme­nte anche a Dasindo, nella val Giudicarie, dove c’è la Chiesa dedicata a S.M.Assunta, con importanti affreschi dei Baschenis sull’Annunciazi­one. In Alto Adige si ricordano quelli di S. Maria di Trens, Pietralba, Rifiano.

Le Aguane ed altri esseri dell’immaginari­o popolare, con l’avvento del Cristianes­imo, furono sostituiti da santi, da martiri ed in questo caso, da Maria, Madre delle madri, capace di dare consolazio­ne a coloro che piangono quei bambini nati che non hanno potuto vivere.

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 ??  ?? In Alto Adige Numerosi i santuari mariani in regione, da Casez a Dasindo; fra i più famosi quello di Pietralba
In Alto Adige Numerosi i santuari mariani in regione, da Casez a Dasindo; fra i più famosi quello di Pietralba

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