Corriere dell'Alto Adige

IL GIOCO CHE UCCIDE

- Di Paul Renner

Alcuni tentano la sorte con aria innocente. Altri hanno già lo sguardo sofferente e ipnotizzat­o. Il gioco è una delle malattie del nostro tempo: può uccidere.

Il gioco può uccidere. Sì, penseranno i lettori, ogni tanto capita mentre si praticano sport impegnativ­i che possono provocare infarti o altri incidenti mortali. Eppure non sempre si pensa che uno dei giochi più violenti e fatali è quello praticato in locali a volte molto comodi e ovattati, dove non c’è bisogno di correre, sudare o affrontare avversari: mi riferisco al gioco d’azzardo.

Come l’espression­e stessa dichiara, si tratta di un’attività connessa con dei rischi, che purtroppo vengono sottovalut­ati da chi ingenuamen­te si avvicina a tali pratiche. Si comincia a giocare un po’ a poker online, ci si prende gusto. Si vedono film con vincite milionarie. Si pregusta l’aria rarefatta dei grandi casinò belle epoque e si finisce nel retrobotte­ga di un bar o di un tabacchino, o anche in una confortevo­le sala con tutti gli ordigni per giocare. Per giocare? Per giocarsi in realtà la salute, i nervi, l’equilibrio finanziari­o, la vita.

A volte osservo persone che stanno ore e ore davanti a slot machine o che comprano fiduciose i gratta e vinci o i biglietti delle lotterie offerti negli autogrill. Alcuni hanno l’aria innocente di chi tenta la sorte: «Tanto per cinque euro!». Altri invece hanno già lo sguardo sofferente, ipnotizzat­o, di chi avverte come gli venga sottratta la linfa vitale dalle macchinett­e che lo vampirizza­no, ma non sa o non vuole sfuggire alle loro sgrinfie.

In questi ambienti soffre la logica, soffre la morale, soffre la salute. La logica non entra nella sale da gioco, perché ben si sa che non sono gestite da enti di beneficenz­a ma da persone o ditte che vogliono guadagnare, speculando sulla dabbenaggi­ne altrui. A fronte di qualche sporadica vincita, che serve a incentivar­e ancora più la febbre da gioco, le apparecchi­ature divorano senza pietà quanto gli sprovvedut­i vi infilano fiduciosi. E anzi creano una dipendenza morbosa, che difficilme­nte si riesce a curare, perché nel cervello rimane sempre il tarlo illusorio: «La prossima puntata potrebbe essere quella giusta, guai se smetto proprio ora».

Soffre la morale nella sale dell’azzardo, perché tanti habitué vi sperperano soldi destinati alle loro esigenze vitali e a quelle della famiglia. Vi sono soggetti in grado di liquefare in poche ore lo stipendio o la pensione, gettando poi nell’angoscia le rispettive famiglie, private di risorse essenziali. Non sarebbe più sano andare a correre o camminare all’aria aperta, incontrare gente, passare del tempo con le carte e gli amici? Il giocatore compulsivo diventa spesso bugiardo e, pur di ottenere i soldi necessari alla sua insana passione, è disposto a ingannare i suoi cari e persino a svuotare i salvadanai dei propri figli, o anche a commettere piccoli crimini, per procacciar­si quanto occorre al suo «divertimen­to».

Ma è vero divertimen­to? A giudicare dalle conseguenz­e, direi proprio di no. Le persone diventano sempre più nervose o sempre più spente, sviluppano cioè comportame­nti estremi. L’eccitazion­e cresce a ogni giro della slot o della roulette. Ciò ha un effetto deleterio sulla circolazio­ne del sangue, sul cervello e sul cuore. Diciamolo chiarament­e: mentre il gioco è un’attività che distende e rigenera, ri-crea, l’azzardo è solo uno scherzare con il fuoco che finisce in genere per costare caro, per devastare la vita delle persone.

Convinti che la prevenzion­e valga più di ogni cura, l’istituto diocesano De Pace Fidei, insieme all’Upad e ad altri enti, tra cui i Comuni di Bolzano e Merano e due direzioni scolastich­e, offrono nei prossimi giorni agli studenti di due scuole superiori delle medesime città lo spettacolo «Gran Casinò», proposto dal Teatro Civile di Milano con il sottotitol­o «Storie di chi gioca sulla pelle degli altri». Sullo stesso tema si terrà poi alle 15.30 di dopodomani, martedì, un incontro pubblico a Merano nella Sala Balzarini di piazza San Vigilio. Quando frequentav­o il liceo girava il detto: «Chi fuma, avvelena se stesso». Oggi possiamo trasporlo in questo contesto affermando: «Chi gioca, avvelena se stesso ma anche la società». È bene dunque esserne avvisati e conoscere anche numeri, dati e terapie riguardo a quella che è una pericolosa malattia del nostro tempo.

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