LA NOSTRA PRIVACY È A RISCHIO IMPARIAMO A DIFENDERCI BENE
Alcuni giorni fa sul Corriere dell’Alto Adige mi è capitato di leggere l’articolo relativo al nuovo regolamento Ue in tema di privacy. Tutte le aziende, pubbliche e private, dovranno adeguarsi nel trattamento dei dati entro il prossimo maggio. Mi pare di capire come ci sia molta preoccupazione per un’incombenza che porterà un maggiore aggravio in termini burocratici. Staremo a vedere cosa accadrà. La notizia però mi ha fatto riflettere su quanto siamo controllati attraverso i nostri telefonini, le nostre carte di credito o bancomat, le telecamere poste nei supermercati, agli incroci, nei parcheggi. Non abbiamo più una nostra vita privata, la dobbiamo condividere con gli altri. Anche dentro casa siamo spiati. La smart tv collegata a internet può essere un mezzo micidiale. Qualche mese fa un produttore americano ha dovuto patteggiare una multa di 2,2 milioni di dollari per avere raccolto informazioni non autorizzate su 11 milioni di suoi clienti. Un software, raccontano le cronache, riconosceva minuto per minuto cosa stessero guardando le persone e intanto trasmetteva i relativi dati. Non mi piace questo mondo stile Grande fratello, questa perenne sovraesposizione non voluta ma rubata. Quanto rimpiango i tempi dei gettoni telefonici.
Caro Calliari,
Ho passato anni di attività professionale portandomi dietro sacchetti di gettoni telefonici per poter dettare i miei articoli dalla prima cabina telefonica disponibile. Ma si trattava solo di telefonate e i primi cellulari furono per molti versi una liberazione. Potevi chiamare in qualsiasi momento, da ogni località ed eri naturalmente sempre raggiungibile per tutte le evenienze. Dal cellulare siamo poi passati agli smartphone e al web. Lei ha ragione: la nostra privacy — soprattutto se usiamo internet per ogni pur minima necessità — viene da noi stessi consegnata ai grandi operatori. La invito a leggersi sull’ultimo numero del settimanale 7, che esce ogni giovedì con il Corriere della Sera, un interessantissimo servizio proprio sul tema in questione. In particolare parla dei misteriosi algoritmi usati dai grandi gestori del web per impossessarsi della nostra vita, nel senso dei nostri desideri, abitudini e interessi. L’aspetto più grave è che i dati forniti da noi stessi vengono anche rivenduti. Insomma — come lei scrive — c’è ancora moltissima strada da fare per difendere la nostra privacy nei tempi di internet. Bene fa dunque l’Europa a muoversi in tale direzione. Intanto facciamo anche noi qualcosa e impariamo a difenderci da soli, usando questo formidabile ma pericolosissimo strumento con moderazione, prudenza e intelligenza. Diverso è il discorso sulle telecamere presenti sempre più spesso nelle nostre città e nei vari punti strategici, attraverso cui passano automezzi e persone: come lei ben sa, sono state da tempo invocate da numerose persone in nome della sicurezza all’interno di un mondo sempre più complesso. Ormai è un fatto acquisito che le telecamere, al riguardo, svolgano un lavoro molto utile.