LA TRISTE NEBBIA SUL PICCOLO ADAN
Il tempo passa in fretta. Più in fretta ancora passa il tempo dell’informazione: anche le storie più tragiche, quelle che vengono definite in grado di «scuotere l’opinione pubblica», non durano molto. Nuovi eventi le spingono al margine, poi le fanno scomparire nella nebbia dell’oblio. Se ciò sembra la trama di un film già visto, significa che abbiamo perso gli occhi per vedere, e la memoria per ricordare. Muovendo contro tale tendenza, il settimanale Ff ha compiuto un’opera meritevole ad accendere il suo faro in quella nebbia. Georg Mair ha raccontato di nuovo — e in modo particolareggiato — la storia di Adbullah Hussein, al secolo Adan (com’è stato ribattezzato dai media), il bambino curdo-iracheno malato di distrofia muscolare che morì a Bolzano un mese fa.
Sono le tappe di un comune calvario, cominciato nell’autunno del 2015 a Kurkuk e non ancora finito. Il corpo di Adan giace infatti tuttora insepolto in una cella frigorifera, trenta giorni dopo il decesso. Persino l’autopsia, dalla quale si dovrebbero apprendere le vere cause della morte, non è stata eseguita. La famiglia si trova adesso a Trento, a una distanza sufficiente per consentire il defluire della piccola onda di imbarazzo che la sua presenza avrebbe mantenuto, se non alta, almeno costante. Si ricorderanno le parole del governatore Arno Kompatscher: «Avrebbe dovuto essere chiaro che Adan e la sua famiglia avevano diritto all’accoglienza. Evidentemente qualcosa non ha funzionato».
Nella nebbia dell’oblio — e della fin troppo lenta ricerca della verità — anche ciò che appare evidente tende però a sfumare. La politica può approfittarne per trasformare l’affermazione di un mancato funzionamento in un’ovvietà solo un po’ scomoda, quello che basta per non sembrare inumana. Sulla famosa «Circolare Critelli», invece, la nebbia non può calare perché la vaghezza la pervade all’interno. Il dispositivo di esclusione, mitigato dall’avvertenza a poter intervenire solo in casi straordinari (come quello di Adan), tiene fermo il punto e contemporaneamente lo fa danzare in un palleggio di responsabilità in perenne attesa di venire accertate.
Rispondendo in Consiglio provinciale a un’interrogazione dei Verdi, l’assessora Martha Stocker ha affermato: «Deve migliorare la comunicazione tra le parti coinvolte. Queste situazioni non vanno strumentalizzate». Chi parla di strumentalizzazioni, in genere, ha già deciso che non sia necessario dissolvere la nebbia, perché la considera una buona alleata.