I PROFUGHI NELLA PICCIONAIA ATTENDONO UNA SISTEMAZIONE
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Chiedo accoglienza per lanciare un grido di allarme e di dolore, sperando di non vedere più quello che abitualmente noto camminando per Bolzano (la città — assieme alla provincia — più ricca d’Italia, anche se credo si tratti della solita media strampalata e ipocrita del pollo al giorno per ogni testa). Cammino per il capoluogo assieme al mio cane ormai da anni e con questa scusa credo di conoscerne i tanti angoli nascosti. Ieri ho avuto conferma di una scena a cui assisto da giorni e che in verità avevo visto anche l’inverno passato: nel parco di via Gilm c’è una «piccionaia», cioè una semplice e piccola copertura dove viene lasciato dal Comune il mangime per i volatili, che arrivano solo quando sentono che c’è da mangiare. Intorno alla mezzanotte, invece dei piccioni ho visto due extracomunitari cercare di dormire per terra , sopra gli escrementi degli uccelli, con la pioggia che tutto intorno scendeva gelida e il terreno che dire freddo e umido è ancora poco. Gli unici «lussi»: una trapuntina pidocchiosa e lercia per ciascuno e una tavola di truciolato che tentava di proteggere l’interno del giaciglio dagli sguardi e dall’aria gelida. Giuseppe e Maria a Betlemme al confronto abitavano in una villa. Quella vista mi ha stretto sinceramente il cuore: dopo poco sarei tornato assieme al mio cane nella mia comoda e calda casa, mentre un mio simile, anzi due, cercavano ricovero in una piccionaia per terra. Un vero schifo anche per chi solo abitasse in una favela. Pensavo a una madre o a un padre che si immaginano il figlio, sì profugo, ma ospitato dal provvido Occidente e ancor più dall’ospitale Italia e dall’efficiente Alto Adige-Südtirol. Non ho il diritto di scandalizzarmi e non lo faccio, almeno per non fare la figura dell’ipocrita assieme ai tanti che della cosiddetta carità hanno fatto un lavoro ben remunerato e parlo, ad esempio, (non certo l’unico) del ministero alla carità o, per dirla alla latina, dell’ecumenica Caritas, finanziata dalla Provincia, cioè dai cittadini, che si erge in fondo a via Cassa di Risparmio, con tanti uffici nuovi e lindi, una bellissima caffetteria e un vasto parco di automobili nuove e di marca per correre prima e meglio ad assistere i bisognosi. I mendicanti che popolano le gelide notti d’inverno non chiedono di riposare in un letto con lenzuola di batista o in un albergo munito magari di certificazione di qualità, quelle di cui la burocrazia ottusa e cieca si riempie la bocca, ma solo di riposare in un ospizio meno freddo e insicuro di un parco pubblico. Credo basterebbe veramente poco, almeno in una provincia e in un comune sempre alla ricerca dei fatiscenti record da raggiungere e da sbandierare al mondo. A guardare bene, se i terremotati abruzzesi sono vissuti per mesi interi in tende isolate e riscaldate anche sotto la pioggia e la neve, per le notti d’inverno a Bolzano, più gelide e a volte anche mortali, quelle stesse semplici tende salverebbero i pochi che dormono invece in una piccionaia per terra o comunque all’addiaccio. Avrebbero così il ricovero caldo e sicuro tanto cercato. Forse la Provincia si vergogna di tale soluzione, preferendo non vedere la realtà e negandola semplicemente, con ciò diventando subito la più ipocrita, oltre che la più ricca.
Caro Vettori,
apisco la sua indignazione, ma mi pare decisamente ingiusto parlare della Caritas altoatesina come fa lei, dato che l’impegno messo in campo è fuori discussione. La situazione che descrive nella sua lettera per averla vista personalmente interpella non solo le istituzioni, ma direttamente ognuno di noi, altrimenti diventa veramente un’ipocrisia scaricare sempre tutto sugli altri, a partire dalla solita politica con le relative istituzioni. Dopo di che sono certo che qualche responsabile degli enti chiamati a intervenire in queste situazioni indubbiamente gravi prenderà tempestivamente nota della sua segnalazione rispetto a quanto succede di notte nel parco di via Gilm.