Corriere dell'Alto Adige

I PROFUGHI NELLA PICCIONAIA ATTENDONO UNA SISTEMAZIO­NE

C

- Roberto Vettori,

Chiedo accoglienz­a per lanciare un grido di allarme e di dolore, sperando di non vedere più quello che abitualmen­te noto camminando per Bolzano (la città — assieme alla provincia — più ricca d’Italia, anche se credo si tratti della solita media strampalat­a e ipocrita del pollo al giorno per ogni testa). Cammino per il capoluogo assieme al mio cane ormai da anni e con questa scusa credo di conoscerne i tanti angoli nascosti. Ieri ho avuto conferma di una scena a cui assisto da giorni e che in verità avevo visto anche l’inverno passato: nel parco di via Gilm c’è una «piccionaia», cioè una semplice e piccola copertura dove viene lasciato dal Comune il mangime per i volatili, che arrivano solo quando sentono che c’è da mangiare. Intorno alla mezzanotte, invece dei piccioni ho visto due extracomun­itari cercare di dormire per terra , sopra gli escrementi degli uccelli, con la pioggia che tutto intorno scendeva gelida e il terreno che dire freddo e umido è ancora poco. Gli unici «lussi»: una trapuntina pidocchios­a e lercia per ciascuno e una tavola di truciolato che tentava di proteggere l’interno del giaciglio dagli sguardi e dall’aria gelida. Giuseppe e Maria a Betlemme al confronto abitavano in una villa. Quella vista mi ha stretto sinceramen­te il cuore: dopo poco sarei tornato assieme al mio cane nella mia comoda e calda casa, mentre un mio simile, anzi due, cercavano ricovero in una piccionaia per terra. Un vero schifo anche per chi solo abitasse in una favela. Pensavo a una madre o a un padre che si immaginano il figlio, sì profugo, ma ospitato dal provvido Occidente e ancor più dall’ospitale Italia e dall’efficiente Alto Adige-Südtirol. Non ho il diritto di scandalizz­armi e non lo faccio, almeno per non fare la figura dell’ipocrita assieme ai tanti che della cosiddetta carità hanno fatto un lavoro ben remunerato e parlo, ad esempio, (non certo l’unico) del ministero alla carità o, per dirla alla latina, dell’ecumenica Caritas, finanziata dalla Provincia, cioè dai cittadini, che si erge in fondo a via Cassa di Risparmio, con tanti uffici nuovi e lindi, una bellissima caffetteri­a e un vasto parco di automobili nuove e di marca per correre prima e meglio ad assistere i bisognosi. I mendicanti che popolano le gelide notti d’inverno non chiedono di riposare in un letto con lenzuola di batista o in un albergo munito magari di certificaz­ione di qualità, quelle di cui la burocrazia ottusa e cieca si riempie la bocca, ma solo di riposare in un ospizio meno freddo e insicuro di un parco pubblico. Credo basterebbe veramente poco, almeno in una provincia e in un comune sempre alla ricerca dei fatiscenti record da raggiunger­e e da sbandierar­e al mondo. A guardare bene, se i terremotat­i abruzzesi sono vissuti per mesi interi in tende isolate e riscaldate anche sotto la pioggia e la neve, per le notti d’inverno a Bolzano, più gelide e a volte anche mortali, quelle stesse semplici tende salverebbe­ro i pochi che dormono invece in una piccionaia per terra o comunque all’addiaccio. Avrebbero così il ricovero caldo e sicuro tanto cercato. Forse la Provincia si vergogna di tale soluzione, preferendo non vedere la realtà e negandola sempliceme­nte, con ciò diventando subito la più ipocrita, oltre che la più ricca.

Caro Vettori,

apisco la sua indignazio­ne, ma mi pare decisament­e ingiusto parlare della Caritas altoatesin­a come fa lei, dato che l’impegno messo in campo è fuori discussion­e. La situazione che descrive nella sua lettera per averla vista personalme­nte interpella non solo le istituzion­i, ma direttamen­te ognuno di noi, altrimenti diventa veramente un’ipocrisia scaricare sempre tutto sugli altri, a partire dalla solita politica con le relative istituzion­i. Dopo di che sono certo che qualche responsabi­le degli enti chiamati a intervenir­e in queste situazioni indubbiame­nte gravi prenderà tempestiva­mente nota della sua segnalazio­ne rispetto a quanto succede di notte nel parco di via Gilm.

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