«I’M», l’adolescenza in 3D «Trentino location adatta»
Oggi nelle sale il film della regista italo finlandese Ciccone
Esce oggi in diverse sale italiane, ma non ancora in regione, I’M - Infinita come lo spazio film in 3D di Anne-Riitta Ciccone con Barbora Bobulova, Mathilde Bundschuh, Guglielmo Scilla, Julia Jentsch e Piotr Adamczyk. Un film sull’adolescenza ancor più che sugli adolescenti presentato con ottimi riscontri alle «Giornate degli Autori» dell’ultimo Festival di Venezia. Finanziato dalla Trentino Film Commission è stato girato a Cavalese, a Trento (alle Albere) ma anche a Bolzano e a Vipiteno. «Sì, è finanziato solo dalla Commission trentina ma abbiamo girato anche in Alto Adige — spiega la regista italo/finlandese — . Abbiamo scelto la location più adatte al film, solo successivamente ci siamo preoccupati dei finanziamenti».
Una scelta coraggiosa, trovare i finanziamenti sembra sia la parte più lunga complicata della produzione.
«Già, e la nuova legge sul cinema non ha migliorato le cose, anzi. L’uscita nelle sale è servita anche a sbloccare finanziamenti lungamente attesi. È una questione legata al Mibact, tutto il personale della Trentino Film Commission è stato gentile e disponibile».
Perché avete scelto il Trentino?
«Cercavamo un’ambientazione nordica anche se il film non è ambientato in un luogo geografico preciso. Il Trentino si prestava bene, ma abbiamo girato scene anche alla scuola Hannah Arendt di Bolzano e in un liceo di Vipiteno».
Un film in 3D. Anche per questa scelta serve coraggio.
«A dire il vero è servita molta pazienza. La scelta del 3D è figlia della mia partecipazione a un seminario di David Bush, uno dei pionieri del 3D, uno che ha lavorato con registi del calibro di Roman Polansky e Jean-Jacques Annaud. Poco dopo, anche Wim Wenders ha iniziato a utilizzare il 3D per dare più profondità di campo e io ho seguito questa strada. Questo ha fatto sì che mio film avesse una gestazione lunghissima, il soggetto l’ho scritto in quegli anni insieme a mio marito (Lorenzo D’Amico de Carvalho, nda), è piaciuto alla Rai, ma i problemi con la produzione sono stati tanti e si è andati per le lunghe. Sono stata persino costretta a cambiare l’attrice protagonista perché quando sono iniziate le riprese era troppo cresciuta. Queste lungaggini, però, mi hanno permesso di scrivere un romanzo che approfondisce i personaggi del film. L’ho presentato a Venezia negli stessi giorni del Festival. Tornando al 3D, credo che sia perfetto per questa sceneggiatura, ricrea un palcoscenico teatrale e poi costringe alla visione in una sala cinematografica».
Il film narra le vicende di Jessica, una 17enne che si trova ad affrontare i tipici problemi dell’adolescenza in un mondo indefinito, potrebbe essere il futuro, potrebbe essere un’altra dimensione. Perché questa scelta?
«Non volevo raccontare gli adolescenti di oggi, ma quella che tutti hanno vissuto nei secoli. Quella del momento di passaggio in cui si prendono decisioni che possono sembrare folli, anni in cui ci sente terrorizzati dalle scelte e in cui si crede di avere tutti contro a partire dai genitori. Una fase in cui si fatica ad accettare che l’unica soluzione sia quella di diventare come gli altri».