Toromani-Macario Lo Schiaccianoci si scopre moderno
Parte mercoledì la stagione «sulle punte» Brilla «Lo Schiaccianoci» di Luzzati-Amodio Sul palco i giovani talenti Toromani e Macario La ballerina: «Uniamo tradizione e innovazione Non mancherà il famoso “passo a due” finale Ma tutti i danzatori vengono co
Per raccontare lo spettacolo di danza Lo Schiaccianoci, neoclassico di Amodio-Luzzati, in scena mercoledì al Comunale di Bolzano occorre affidarsi ai due giovani, versatili e amabili primi ballerini: Anbeta Toromani e Alessandro Macario.
Lei è nata a Tirana, lui è napoletano. Sono giovani, belli e occupatissimi. Lo spettacolo che approderà a Bolzano tra qualche giorno, firmato dal coreografo Amedeo Amodio e dallo scenografo Emanuele Luzzati sulle note stregate di Piotr I. Cajkovskij è nato nel 1989 per Aterballetto, con Elisabetta Terabust e Vladimir Derevianko nei ruoli protagonisti.
Ora tocca a questi due talenti della nuova generazione. «Lo
Schiaccanoci più bello di sempre? – si chiede Anbeta Toromani – io sono di parte. Ma l’ho sempre sinceramente pensato, ancora prima di ballarlo. Si tratta di uno spettacolo a 360 gradi, nel vero senso della parola. E dove tutti sono protagonisti, non solo io e Alessandro».
Tutto il corpo di ballo, insomma, viene valorizzato e il pubblico bolzanino (attenzione, non solo quello più legato alla danza: questo spettacolo è un classico che va visto almeno una volta nella vita) non potrà che inebriarsene.
Ma i due personaggi principali perdono forse qualcosa della propria identità scenica? «Ma no, tranquilli – si affretta a rassicurare Anbeta – il soldato che diventa principe e Clara che diventa principessa rimangono tali come nella grande tradizione di questo spettacolo».
Una versione dunque «tradizionale»? Risponde sempre la prima ballerina: «Sì. E del resto dovremmo addirittura tornare verso la tradizione. Non dimentichiamo che questo spettacolo esiste da venticinque anni ed è “tradizionale” grazie alla sua valenza storica. Ma appare anche fresco, anzi freschissimo. Sembra concepito ieri…».
E Anbeta ha visto (e studiato) le interpretazioni dei “capostipiti” di questo allestimento, ovvero Elisabetta Terabust e Vladimir Derevianko? E con quale spirito: imparare o confrontarsi con loro? «Imparare, imparare e ancora imparare. Nella danza, di imparare non si finisce mai. E non è un caso che abbiamo conservato il “passo a due” finale come era stato concepito nella coreografia originale».
Alessandro Macario, coprotagonista dell’allestimento, è d’accordo? «Certo, il “passo a due” finale è come lo ha descritto Anbeta. E lo dico avendo interpretato negli anni Schiaccianoci differenti».
Ancora: si parla di questo spettacolo come di un archetipo natalizio. Come si esce, per Macario, da questo stereotipo? «Se ne esce proprio con la nostra versione…Perché è bizzarra, è come vedere un film di Tim Burton. Poltrone viventi rappresentano i nonni, in una scena. E le scene di Luzzati sono un valore aggiunto sconvolgente e bellissimo».
Questo diamante della coreografia italiana torna in scena grazie all’operazione di «recupero» voluta dall’impresario romano Daniele Cipriani e il suo nuovo corpo di ballo che vanta sempre importanti guests artist. Come il pubblico romano e poi di Como sta decretando in questi giorni di vigilia della serata bolzanina.
Riallestito per celebrare il 10° anniversario dalla morte di Emanuele Luzzati (1921-2007), eclettico artista che ha fatto risplendere le scene con i colori della sua tavolozza e l’arcobaleno della sua fantasia, Lo Schiaccianoci coreografato da Amedeo Amodio non ha scalfito negli anni il suo appeal. E non solo l’appeal.