DALLA PARTE DEL CITTADINO
Corrono tempi sempre più evanescenti con prospettive future sempre più indecifrabili. Per fortuna abbiamo alcuni punti fermi della nostra vita sociale-pubblica che creano poche ma incrollabili certezze un po’ come i mercatini di Natale. Alla fine dell’anno in periodo di bilanci tornano alla ribalta i vitalizi. Anche quest’anno ci hanno informati che per soli 26 milioni noi paghiamo rendite a signori che hanno privilegi inamovibili ma che ti dicono — ormai si dovrebbe sapere — li prevede la legge. In un Paese dove il garantismo giuridico assurge ad assioma contro ogni buonsenso, talvolta, si riesce a cambiare anche la Costituzione, ma le leggi sui vitalizi no, mai. Sempre in questo tormentato Paese dove i pensionati normali possono vedersi falcidiata una pensione di riversibilità (del 70%) dovuta a 43 anni di contribuzione, ma che secondo l’Inps confligge con redditi personali, non si trova nulla da ridire sul cumulo di più vitalizi — nazionali e regionali — e pensione personale per una ubiquità e contemporaneità di prestazioni che solo la politica può assicurare. Su pensioni baby erogate da più di 40 anni a gente che ha lavorato a dir tanto 5 anni, non si discute nemmeno. D’altro lato i vitalizi hanno comunque sempre rotte protette e barricate e i diritti acquisiti pare siano una specialità dei Palazzi. È banale, qualunquista e retorico, ma in Italia i conti si fanno sempre su pensionati e i lavoratori. Non sfuggono e non hanno alcun potere contrattuale. Quello che dà più irritazione è che i diretti interessati ritengono i loro privilegi assolutamente intangibili e non mostrano una virgola di consapevolezza che possano essere un regalo della sorte, della politica, di storica arroganza legislativa. Le lungaggini della nostra giustizia, consentono loro in definitiva di sfiancare l’opinione pubblica che alla fine si arrende e si rassegna per sfinimento.