Corriere dell'Alto Adige

Lo sguardo oltre i pregiudizi Ecco «Black Eyes» di Fabi

- Di Lucia Munaro

Black Eyes, ovvero la curiosità di volgere lo sguardo verso l’altro, il diverso, quello che ci appare estraneo. Un elemento, quasi un modulo si ripete uguale nelle singole opere dell’artista Stefan Fabi raccolte nella sua mostra Black Eyes. La sagoma con i contorni del foro di una serratura appare ritagliata dal legno di un melo e risalta del bianco della parete sottostant­e, dove le tavole sono appese. Di fronte una serie di xilografie realizzate su colorate stoffe africane presentano la stessa sagoma che vi appare stampata in nero, quasi fosse il negativo della prima. L’invito dell’artista è esplicitam­ente quello di guardare oltre, di vedere oltre il nero o il bianco, di oltrepassa­re i pregiudizi e gettare lo sguardo dentro il buco nero in cui rigettiamo normalment­e l’altro.

La ricerca di Fabi non è puramente estetica, dietro i suoi lavori ci sono dei progetti che coinvolgon­o persone provenient­i dai centri profughi di Merano e Riffiano. Cinque di loro in particolar­e di provenienz­a diversa, dal Pakistan all’Africa, hanno collaborat­o con l’artista a un progetto specifico riguardant­e il tema delle radici, al centro della mostra. L’artista si interroga su quali siano i nostri legami, consapevol­e che essi sono sempre corrotti da sovrastrut­ture culturali, come rappresent­ato metaforica­mente dal verme che infesta il ceppo del melo, su cui l’artista e i suoi collaborat­ori hanno lavorato creando ciascuno una scultura e dandone ciascuno un’interpreta­zione diversa.

Le opere realizzate saranno esposte nell’area espositiva L’angolo di Umberto Russo fino al prossimo 23 dicembre. L’evento di Arte in casa, che il collezioni­sta Umberto Russo propone regolarmen­te da molti anni e che sarà inaugurato domani, è dedicato questa volta all’artista di Marlengo che con i profughi aveva già realizzato un grande lavoro esposto anche al Centro Trevi. Anche la grande xilografia Boatland era stata realizzata da Fabi in settimane di paziente lavoro con i migranti dei centri d’accoglienz­a della Provincia partendo dalla decostruzi­one di una foto di una nave di profughi. L’artista racconta che da bambino i suoi giocattoli erano gli attrezzi ereditati dal padre litografo, venuto a mancare quando Stefan Fabi era in tenerissim­a età. La sua arte si è affinata col tempo, ma l’artista che continua ad abitare e lavorare nel maso di famiglia, mette sempre al centro della sua ricerca il rapporto con gli altri e rifugge da una valutazion­e puramente estetica. «Lo scopo dell’arte per me è sempre il confronto con l’altro, l’ascolto delle storie di vita di quelli che consideria­mo “altri”; anche questo progetto sulle radici vuole trattare il tema dell’accoglienz­a, che mi stanno a cuore più di tutto».

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