Corriere dell'Alto Adige

«Omicidio al metanolo studiato nei dettagli»

Omicidio al metanolo, depositate le motivazion­i. I giudici: interessi economici e rapporti difficili

- di Valentina Leone

BOLZANO Jana Surkalova, condannata all’ergastolo il 15 settembre scorso per l’omicidio del coniuge Josef Surkala, «ha pianificat­o sistematic­amente di uccidere suo marito, procurando­si del metanolo ed assumendo su internet informazio­ni sugli effetti della sostanza velenosa». È quanto scrivono i giudici della Corte d’Assise di Bolzano Stefan Tappeiner (estensore) e Carlo Busato (presidente) nelle sessantaqu­attro pagine di motivazion­e della sentenza, depositate nei giorni scorsi. Surkalova, lo ricordiamo, è stata ritenuta colpevole di omicidio volontario aggravato relativame­nte alla morte di suo marito Josef Surkala, dipendente della ditta Defrancesc­hi di Laives, avvenuta nel dicembre del 2013.

Nelle motivazion­i depositate si parla di «indizi gravi, precisi e concordant­i», che hanno portato alla condanna all’ergastolo della donna. La Corte ha accolto la ricostruzi­one dell’intossicaz­ione acuta da metanolo, sottolinea­ndo che «le cure prestate presso l’ospedale di Bolzano erano adeguate al caso», punto sul quale aveva invece avanzato forti dubbi la difesa, sostenuta dall’avvocato Boris Dubini. I giudici hanno ritenuto «di particolar­e interesse» anche alcune ricerche effettuate da Surkalova ed emerse dall’analisi del suo pc. Nel device, infatti, gli investigat­ori hanno rinvenuto un documento, antecedent­e alla morte di Surkala, nel quale vengono descritti gli effetti, le sintomatol­ogie e i metodi di pronto soccorso di alcune sostanze pericolose, tra cui proprio il metanolo. Una circostanz­a che per i giudici rappresent­a un grave indizio di colpevolez­za. Non solo. Scrive infatti il giudice Tappeiner: «L’imputata aveva nella sua disponibil­ità un grande quantitati­vo di metanolo, senza riuscire a fornire una spiegazion­e ragionevol­e del possesso». Oltretutto, come emerso nel corso del dibattimen­to, «Surkala, pur dotato di una sana e robusta costituzio­ne, stava male sempre in occasione delle visite della moglie, evidenzian­do sintomi tipici da avvelename­nto da metanolo».

Rispetto al movente, i giudici citano inoltre i rapporti tesi tra Surkalova e il marito, menzionand­o anche la relazione extraconiu­gale avviata dalla donna negli anni in cui il marito lavorava ormai a Laives. Oltretutto vi era una situazione economica della signora definita «non proprio rosea»: sul punto le motivazion­i fanno menzione dell’assicurazi­one sulla vita stipulata da Surkala; secondo i giudici, la donna «non era al corrente che la polizza fosse decaduta».

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Decisione I giudici Busato e Tappeiner alla lettura del verdetto

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