Gli Schützen trentini: anche noi ne abbiamo diritto Rossi: strada in salita. Dorigatti: mera propaganda
«I trentini non c’entrano». Ha tolto ogni dubbio, nella conclusione del discorso di lunedì, Warner Neubauer, ma gli Schützen trentini «rivendicano la doppia cittadinanza in virtù della discendenza austriaca», nonché delle vicende che li hanno impegnati in guerra al fianco dell’Austria contro il Regno d’Italia, ma anche in ragione dell’esistenza sul territorio di gruppi linguistici minoritari «ladino, cimbro, mocheno e lingue romanze». C’è di più. I portavoce Paolo Primon e Lukas Antoniolli si sono detti straniti alla «contraddittorietà» con cui l’Austria ha gestito la questione del doppio passaporto: «Neubauer — ha spiegato Antoniolli — in un’interrogazione del novembre 2011, chiedeva se la tutela delle minoranze linguistiche della regione tirolese includesse anche la provincia di Trento. La Repubblica Austriaca dichiarava che era interessata dalla possibilità di ottenere la doppia cittadinanza tutta la regione Trentino-Alto Adige, compresa la provincia di Trento. Lo stesso politico della FpÖ, ieri, ha invece dichiarato che vale solo per tedeschi e ladini». Ossia i gruppi etnici su cui l’Austria esercita funzione di tutela a seguito dell’accordo di Parigi. Ma gli Schützen non ci stanno: «Avrebbero diritto alla concessione del doppio passaporto tutti gli autoctoni delle province di Trento e Bolzano, i cui avi è attestato che risiedessero nella patria tirolese».
Scettico anche il presidente trentino Ugo Rossi: «Penso che la doppia cittadinanza sia un fatto assolutamente intimo, privato, come senso di appartenenza della singola persona, e mi auguro davvero che non assuma il significato di una conta etnica fra gruppi linguistici, di cui non abbiamo assolutamente necessità in questo momento, né in Alto Adige né in Trentino e neppure, penso, in Tirolo e in Austria — spiega il governatore — la doppia cittadinanza è di difficile realizzazione, così come è stata concepita, perché dovrebbe essere declinata secondo un criterio linguistico e secondo un criterio di discendenza rispetto ad antenati che sono vissuti in un determinato periodo storico. Nel primo caso ne potrebbero beneficiare solo coloro che conoscono una lingua, nel secondo anche coloro che legittimamente sono discendenti di persone nate nell’Impero austroungarico. Allora qui c’è qualcosa che non si capisce».
Interviene anche il presidente del consiglio trentino Bruno Dorigatti: «Voglio sperare che si tratti di una comoda provocazione o di mera propaganda — dice — Vienna prova a verificare fin dove può spingersi il suo populismo. Forse vale la pena fermarsi prima che tutto precipiti, ritrovare la ragioni del dialogo sereno e del confronto dentro l’ambito regionale».