Corriere dell'Alto Adige

LE DECISIONI DA CONDIVIDER­E

- di Gabriele Di Luca

Due recenti notizie, in parte contrastan­ti, anche se non nel senso dell’inconcilia­bilità, aprono una significat­iva finestra per comprender­e a quale punto sia il processo di adattament­o del Sudtirolo alla fase che stiamo vivendo. La prima ci porta a Salorno. Qui è stato presentato un progetto — denominato «Salurn macht’s vor» — che vede l’amministra­zione intenziona­ta ad affrontare le problemati­che dell’integrazio­ne tra cittadini di diversa provenienz­a in modo sistematic­o. Un catalogo di sette misure, come ha spiegato il sindaco Roland Lazzeri, per favorire il coordiname­nto delle iniziative sul territorio: l’obiettivo è di alleggerir­e il peso che adesso grava sulle istituzion­i (come la scuola) e di avere una migliore comprensio­ne reciproca, a cominciare dall’estensione della superficie sulla quale, per esempio, può strutturar­si l’apprendime­nto e lo scambio linguistic­o. La seconda notizia, invece, ci porta a Lutago, in valle Aurina. In una lettera spedita agli amministra­tori della piccola località, quattrocen­to cittadini hanno lamentato il previsto arrivo di quattro richiedent­i asilo. La motivazion­e: sono esclusivam­ente uomini e ciò creerebbe preoccupaz­ione. L’accoglienz­a non si negherebbe se ci fosse la possibilit­à di ricevere donne e bambini.

Mettendo a confronto i due annunci si possono svolgere alcune consideraz­ioni generali, ma la più importante resta legata alla domanda: com’è possibile abbattere la paura dell’incontro con il «diverso», concedendo comunque espression­e a tale paura, ossia non squalifica­ndola a priori come razzismo mascherato? La lezione di Salorno è chiara: l’integrazio­ne passa per il coinvolgim­ento, l’ascolto, il discernime­nto razionale degli aspetti di criticità. Ogni decisione calata dall’alto, imposta, rischia altrimenti di produrre una chiusura a riccio. Per quanto riguarda Lutago, si potrebbe spiegare alla popolazion­e che l’accoglienz­a dei maschi può essere metabolizz­ata meglio dando loro un’occupazion­e e un lavoro, mentre la gestione di donne e bambini rappresent­erebbe in prima istanza un peso maggiore, perché si tratta di soggetti più deboli e traumatizz­ati.

Non tutti i problemi hanno la stessa soluzione, adottabile ovunque in modo meccanico. Ma per capire cosa fare è indispensa­bile informare e rendere i diretti interessat­i partecipi delle decisioni che si vogliono prendere. Soprattutt­o quando le proporzion­i sono così piccole, non dovrebbe essere un’impresa impossibil­e.

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