LE DECISIONI DA CONDIVIDERE
Due recenti notizie, in parte contrastanti, anche se non nel senso dell’inconciliabilità, aprono una significativa finestra per comprendere a quale punto sia il processo di adattamento del Sudtirolo alla fase che stiamo vivendo. La prima ci porta a Salorno. Qui è stato presentato un progetto — denominato «Salurn macht’s vor» — che vede l’amministrazione intenzionata ad affrontare le problematiche dell’integrazione tra cittadini di diversa provenienza in modo sistematico. Un catalogo di sette misure, come ha spiegato il sindaco Roland Lazzeri, per favorire il coordinamento delle iniziative sul territorio: l’obiettivo è di alleggerire il peso che adesso grava sulle istituzioni (come la scuola) e di avere una migliore comprensione reciproca, a cominciare dall’estensione della superficie sulla quale, per esempio, può strutturarsi l’apprendimento e lo scambio linguistico. La seconda notizia, invece, ci porta a Lutago, in valle Aurina. In una lettera spedita agli amministratori della piccola località, quattrocento cittadini hanno lamentato il previsto arrivo di quattro richiedenti asilo. La motivazione: sono esclusivamente uomini e ciò creerebbe preoccupazione. L’accoglienza non si negherebbe se ci fosse la possibilità di ricevere donne e bambini.
Mettendo a confronto i due annunci si possono svolgere alcune considerazioni generali, ma la più importante resta legata alla domanda: com’è possibile abbattere la paura dell’incontro con il «diverso», concedendo comunque espressione a tale paura, ossia non squalificandola a priori come razzismo mascherato? La lezione di Salorno è chiara: l’integrazione passa per il coinvolgimento, l’ascolto, il discernimento razionale degli aspetti di criticità. Ogni decisione calata dall’alto, imposta, rischia altrimenti di produrre una chiusura a riccio. Per quanto riguarda Lutago, si potrebbe spiegare alla popolazione che l’accoglienza dei maschi può essere metabolizzata meglio dando loro un’occupazione e un lavoro, mentre la gestione di donne e bambini rappresenterebbe in prima istanza un peso maggiore, perché si tratta di soggetti più deboli e traumatizzati.
Non tutti i problemi hanno la stessa soluzione, adottabile ovunque in modo meccanico. Ma per capire cosa fare è indispensabile informare e rendere i diretti interessati partecipi delle decisioni che si vogliono prendere. Soprattutto quando le proporzioni sono così piccole, non dovrebbe essere un’impresa impossibile.