Lettere anonime firmate «Isis» Parte l’indagine
La minaccia: liberatelo o colpiremo. Tutte le buste sono state inviate da Verona
Minacce credibili o BOLZANO l’opera di un mitomane? La seconda ipotesi è quella decisamente più probabile ma quando si tratta di terrorismo la prudenza non è mai abbastanza. Proprio per questo la procura di Bolzano ha disposto accertamenti su una serie di lettere firmate isis arrivate nei giorni scorsi. Tutte e quattro riportavano una foto in bianco e nero del leader islamista Mullah Krekar e la minaccia di colpire se non verrà subito liberato.
Le lettere sono arrivate tra il 14 ed il 15 dicembre. Al Comune di Bolzano, al Comune di Brunico, alla sede dell’azienda radiotelevisiva Ras e alla chiesa evangelica di Merano dove è stata recapitata una busta destinata al comune ma con l’indirizzo sbagliato.
Il caso è subito finito in Procura e il procuratore capo Giancarlo Bramante ha immediatamente incaricato il Ros di fare accertamenti sulla provenienza delle lettere. Il caso è anche stato più volte discusso all’interno del comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica.
Tutte e quattro recavano il timbro postale di Verona ed erano scritte a macchina e fotocopiate. La firma è la stessa: «Islamischer Staat- Isis Kämpfer». Ovvero Stato islami-cocombattenti Isis. Il testo, scritto in un tedesco parecchio sgrammaticato, lascia intendere che non si tratta di grandi professionisti.
Oltre agli errori di ortografia e all’indirizzo sbagliato, ci sono altri elementi che fanno pensare che si possa trattare dell’opera di un matto. L’autore infatti minaccia attentati chimici se il mullah non sarà liberato.
Tutto fila salvo che Krekar non è in Italia e non è nemmeno detenuto. Attualmente il mullah iracheno si trova in Norvegia e non è in carcere. Krekar però è effettivamente sotto processo a Bolzano e il 15 ci sarà l’udienza del procedimento in Assise. Oltre a Krekar sono imputati con l’accusa di associazione a delinquere con finalità di terrorismo altre 5 persone (karim Rahim Twana, Zana Abdul Rahman Rahim, Hamasalih Awat Wahab, Bakr Ahmad e Jalal Kamil Fatah.
La prudenza non è mai troppa e il Ros ha già fatto una serie di controlli sui luoghi che potrebbero essere oggetto di attacchi chimici e batteriologici ma dalle verifiche sarebbe emerso che avvelenare
L’allarme Il Ros dei carabinieri, che aveva sgominato la cellula meranese, incaricato dell’indagine
gli acquedotti non è poi così facile. L’allerta però rimane alta. Sconfitto militarmente in Siria, lo Stato islamico ha perso il territorio ma il sogno del califfato è ancora vivo e vegeto. Soprattutto tra i jihadisti che sono tornati in Europa e ora potrebbero volersi vendicare.
Già in passato, quando in tribunale sono comparsi gli adepti di Krekar, le misure di sicurezza sono state imponenti. La cellula meranese era guidata da due cittadini iracheni: Abdul Rahman Nauroz e Mamosta Kawa, il professore, considerato l’ideologo del gruppo. Insieme a Hassan Saman i due erano riusciti a far partire per la Siria un ventenne meranese di origini kossovare, Eldin Hodza. Il quartetto è già stato condannato in appello con pene dai 4 ai 6 anni, il 15 compariranno in tribunale i loro complici.