Corriere dell'Alto Adige

Doppia cittadinan­za? Solo con l’assenso dell’Italia

- di Roberto Toniatti * * Professore ordinario di diritto comparato all’università di Trento

L’intenzione del governo austriaco di avviare un regime di doppia cittadinan­za per una parte dei cittadini italiani residenti in Alto Adige/Südtirol si presta — in adesione o in contrasto — a consideraz­ioni essenzialm­ente politiche che però, inevitabil­mente, producono effetti giuridici. Questi ultimi, a loro volta, richiedono di essere valutati di per sé, come si addice ad intenti manifestat­i da parte di un governo in carica e di una maggioranz­a parlamenta­re che non sono più solo classifica­bili come reboanti farneticaz­ioni di partiti politici nazionalis­ti, sempre più spesso demagogici ed irresponsa­bili.

In argomento — per ironia dello storia — esiste una fonte normativa di riferiment­o, rappresent­ata dalle «Raccomanda­zioni di Bolzano/Bozen sulle minoranze nazionali nel contesto delle relazioni fra Stati» dell’Alto Commissari­o sulle minoranze nazionali dell’Osce, ossia l’organizzaz­ione per la sicurezza e la cooperazio­ne in Europa che ha svolto un ruolo di consulenza e supervisio­ne del processo di transizion­e alla democrazia liberale degli Stati ex comunisti dell’Europa centrale, orientale e balcanica. Queste Raccomanda­zioni sono una fonte di soft law che, come la gran parte delle regole che hanno retto l’azione della Osce, esprime norme dotate di una forza persuasiva autorevole benché solo sul piano politico. La loro denominazi­one si deve ad un incontro internazio­nale ospitato dall’Eurac di Bolzano che ha avuto il privilegio di conferire loro questo status di autorevole­zza ad una fonte normativa internazio­nale (onori ed ora anche gli oneri).

L’obiettivo delle Raccomanda­zioni è di incidere non tanto, come giustament­e si fa in tante altre fonti, sugli Stati nel cui territorio si trova una minoranza quanto sugli Stati — spesso confinanti — di riferiment­o di quella minoranza. E di insistere soprattutt­o sulla priorità della garanzia di un quadro di relazioni di buon vicinato fra i due Stati. È evidente quanto il quadro italo-austriaco calzi a pennello sull’applicabil­ità delle Raccomanda­zioni al caso di specie.

La concession­e della cittadinan­za austriaca rappresent­a una proiezione della sovranità austriaca su una porzione di cittadini italiani e le Raccomanda­zioni precisano che ciò, in generale, non deve avvenire senza il consenso dello Stato di residenza, ossia l’Italia. Lo stesso si afferma con riguardo all’esercizio della funzione di tutela che uno Stato può esercitare nei confronti delle «proprie» minoranze residenti oltre il confine.

Un giudizio esauriente dipenderà evidenteme­nte dalla disciplina normativa di dettaglio — che ancora non conosciamo — per capire se, come e quanto la seconda cittadinan­za inciderà sui diritti e gli obblighi inerenti la prima. Sarà interessan­te verificare se il governo austriaco agirà unilateral­mente (andando contro le Raccomanda­zioni) oppure se cercherà almeno genericame­nte di acquisire il consenso italiano sulla formalizza­zione legislativ­a dell’iniziativa. Altrettant­o interessan­te sarà (o sarebbe) vedere come reagirebbe il governo italiano, che a suo tempo aveva anch’esso avviato analoga promozione della doppia cittadinan­za con le minoranze italiane in Slovenia e Croazia oltre che presso le comunità di emigrati, ad esempio in America latina.

Occorre anche ricordare che la prova della credibilit­à della compatibil­ità dell’iniziativa austriaca con i principi di buon vicinato con l’Italia viene indicata dalle Raccomanda­zioni stesse nella parità di trattament­o che uno Stato destina tanto alle proprie minoranze all’estero quanto alle minoranze di altri Stati che risiedono nel proprio territorio: e dunque, come valuterebb­e il governo austriaco la concession­e della cittadinan­za della Slovenia alla minoranza slovena in Carinzia? Verrebbe interpreta­ta come un atto tutto simbolico di una relazione sentimenta­le oppure come un’impropria espansione di sovranità?

Le Raccomanda­zioni assicurano che lo Stato di residenza (in questo caso, l’Italia) non ponga in essere discrimina­zioni contro i propri cittadini i quali, in quanto appartenen­ti ad una minoranza nazionale, possiedano la doppia cittadinan­za. E però esse consideran­o che non sia discrimina­toria la legittima richiesta da parte dello Stato di residenza — per evitare conflitti di lealtà — di assicurare che la doppia cittadinan­za venga meno quando si ricoprano cariche istituzion­ali a livello statale. Ma, in un contesto di forte autonomia come quello dell’Alto Adige/Südtirol, la stessa richiesta potrebbe legittimam­ente essere posta almeno al presidente della Provincia autonoma, se non anche ai membri della giunta.

Il rispetto delle Raccomanda­zioni — che hanno fra i propri destinatar­i anche il governo federale austriaco — sollecita con autorevole­zza una dinamica bilaterale italoaustr­iaca: forse trasformar­e l’iniziativa da anti-italiana e da una forma surrettizi­a di autodeterm­inazione a iniziativa concordata farebbe rabbia ai nazionalis­ti di ambedue i fronti e creerebbe un precedente utile in vista dell’effetto domino che giustament­e si teme, come giustament­e si teme l’attrazione del nuovo governo austriaco verso gli orientamen­ti aggressivi dei suoi vicini orientali.

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