Doppia cittadinanza? Solo con l’assenso dell’Italia
L’intenzione del governo austriaco di avviare un regime di doppia cittadinanza per una parte dei cittadini italiani residenti in Alto Adige/Südtirol si presta — in adesione o in contrasto — a considerazioni essenzialmente politiche che però, inevitabilmente, producono effetti giuridici. Questi ultimi, a loro volta, richiedono di essere valutati di per sé, come si addice ad intenti manifestati da parte di un governo in carica e di una maggioranza parlamentare che non sono più solo classificabili come reboanti farneticazioni di partiti politici nazionalisti, sempre più spesso demagogici ed irresponsabili.
In argomento — per ironia dello storia — esiste una fonte normativa di riferimento, rappresentata dalle «Raccomandazioni di Bolzano/Bozen sulle minoranze nazionali nel contesto delle relazioni fra Stati» dell’Alto Commissario sulle minoranze nazionali dell’Osce, ossia l’organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa che ha svolto un ruolo di consulenza e supervisione del processo di transizione alla democrazia liberale degli Stati ex comunisti dell’Europa centrale, orientale e balcanica. Queste Raccomandazioni sono una fonte di soft law che, come la gran parte delle regole che hanno retto l’azione della Osce, esprime norme dotate di una forza persuasiva autorevole benché solo sul piano politico. La loro denominazione si deve ad un incontro internazionale ospitato dall’Eurac di Bolzano che ha avuto il privilegio di conferire loro questo status di autorevolezza ad una fonte normativa internazionale (onori ed ora anche gli oneri).
L’obiettivo delle Raccomandazioni è di incidere non tanto, come giustamente si fa in tante altre fonti, sugli Stati nel cui territorio si trova una minoranza quanto sugli Stati — spesso confinanti — di riferimento di quella minoranza. E di insistere soprattutto sulla priorità della garanzia di un quadro di relazioni di buon vicinato fra i due Stati. È evidente quanto il quadro italo-austriaco calzi a pennello sull’applicabilità delle Raccomandazioni al caso di specie.
La concessione della cittadinanza austriaca rappresenta una proiezione della sovranità austriaca su una porzione di cittadini italiani e le Raccomandazioni precisano che ciò, in generale, non deve avvenire senza il consenso dello Stato di residenza, ossia l’Italia. Lo stesso si afferma con riguardo all’esercizio della funzione di tutela che uno Stato può esercitare nei confronti delle «proprie» minoranze residenti oltre il confine.
Un giudizio esauriente dipenderà evidentemente dalla disciplina normativa di dettaglio — che ancora non conosciamo — per capire se, come e quanto la seconda cittadinanza inciderà sui diritti e gli obblighi inerenti la prima. Sarà interessante verificare se il governo austriaco agirà unilateralmente (andando contro le Raccomandazioni) oppure se cercherà almeno genericamente di acquisire il consenso italiano sulla formalizzazione legislativa dell’iniziativa. Altrettanto interessante sarà (o sarebbe) vedere come reagirebbe il governo italiano, che a suo tempo aveva anch’esso avviato analoga promozione della doppia cittadinanza con le minoranze italiane in Slovenia e Croazia oltre che presso le comunità di emigrati, ad esempio in America latina.
Occorre anche ricordare che la prova della credibilità della compatibilità dell’iniziativa austriaca con i principi di buon vicinato con l’Italia viene indicata dalle Raccomandazioni stesse nella parità di trattamento che uno Stato destina tanto alle proprie minoranze all’estero quanto alle minoranze di altri Stati che risiedono nel proprio territorio: e dunque, come valuterebbe il governo austriaco la concessione della cittadinanza della Slovenia alla minoranza slovena in Carinzia? Verrebbe interpretata come un atto tutto simbolico di una relazione sentimentale oppure come un’impropria espansione di sovranità?
Le Raccomandazioni assicurano che lo Stato di residenza (in questo caso, l’Italia) non ponga in essere discriminazioni contro i propri cittadini i quali, in quanto appartenenti ad una minoranza nazionale, possiedano la doppia cittadinanza. E però esse considerano che non sia discriminatoria la legittima richiesta da parte dello Stato di residenza — per evitare conflitti di lealtà — di assicurare che la doppia cittadinanza venga meno quando si ricoprano cariche istituzionali a livello statale. Ma, in un contesto di forte autonomia come quello dell’Alto Adige/Südtirol, la stessa richiesta potrebbe legittimamente essere posta almeno al presidente della Provincia autonoma, se non anche ai membri della giunta.
Il rispetto delle Raccomandazioni — che hanno fra i propri destinatari anche il governo federale austriaco — sollecita con autorevolezza una dinamica bilaterale italoaustriaca: forse trasformare l’iniziativa da anti-italiana e da una forma surrettizia di autodeterminazione a iniziativa concordata farebbe rabbia ai nazionalisti di ambedue i fronti e creerebbe un precedente utile in vista dell’effetto domino che giustamente si teme, come giustamente si teme l’attrazione del nuovo governo austriaco verso gli orientamenti aggressivi dei suoi vicini orientali.