«Dirigenti Pd, un’oligarchia scellerata»
Documento durissimo della minoranza: «Assemblea ignorata, le scelte sono state fatte altrove» Huber: abbiamo sempre coinvolto tutti. Bassa Atesina, l’ultima parola alla direzione nazionale
Pd, ieri sera in assemblea si è consumato un nuovo scontro con la minoranza che ha presentato un documento durissimo accusando il gruppo dirigente di comportarsi come un’oligarchia che compie scelte scellerate.
Quando in Alto Adige BOLZANO arriverà il candidato scelto da Renzi c’è il rischio che, al posto del Pd, trovi un cumulo di macerie. Ieri sera in assemblea provinciale si è consumato un nuovo scontro con la minoranza che ha presentato un documento durissimo accusando il gruppo dirigente di comportarsi come un’oligarchia che compie scelte scellerate. Un documento che è stato firmato da 15 componenti dell’assemblea provinciale.
Il Pd altoatesino è sfiduciato. La scelta di Renzi di centralizzare tutte le decisioni sulle candidature ha lasciato il segno anche in Alto Adige. L’ultima novità è che il segretario non ha nemmeno mandato le deleghe per la presentazione delle liste. Il che significa che qualcuno dovrà andare a Roma a prenderle per presentarle a Bolzano. I nomi dunque rimangono coperti. «Prima della direzione nazionale non si saprà nulla» spiega il sottosegretario alle Regioni, Gianclaudio Bressa che dovrebbe essere candidato al Senato in Bassa Atesina. Per la Camera invece dovrebbe esserci Maria Elena Boschi ma l’ufficialità ancora non c’è. «La certezza si avrà soltanto venerdì» profetizza Carlo Costa, rappresentante di Bolzano all’interno della direzione nazionale.
L’umore dell’assemblea è nero come la pece. La minoranza è sul piede di guerra e il gruppo dirigente fa fatica a tenere a bada la rivolta che si sta estendendo a macchio d’olio. Tra coloro che si sono schierati contro i candidati paracadutati c’è anche l’ex segretaria provinciale Liliana Di Fede. «Lavoreremo comunque a pancia a terra per i candidati del Pd. Ma il fatto che non ci siano rappresentanti del territorio è un peccato. Non condivido il modo di agire del vertice nazionale» dice Di Fede che invece non vuole infierire sul suo successore Alessandro Huber che, dice, ha fatto tutto il possibile.
La minoranza invece, la ramanzina al segretario la fa eccome. Huber è accusato apertamente di non aver difeso abbastanza il territorio. Il documento è firmato da 15 componenti dell’assemblea provinciale.
«Immaginiamo di condividere con molti di voi, la grande delusione davanti alla presa d’atto delle candidature per le prossime elezioni, insieme all’amarezza, la delusione, se non la rabbia di molti nostri elettori e sostenitori» scrivono Luigi Tava, Debora Pasquazzo, Mauro Randi, Miriam Canestrini, Alex Castellano, Maura Galera, Mario Giovanacci, Giulia Grendene, Franco Nietsch, Ernesto Rubini, Pasquale Santillo e Claudio Volanti. L’unica firma che manca è quella di Uwe Staffler, tra i pochissimi a schierarsi apertamente a favore della candidatura di un big nazionale. «Ci preme far sapere ai nostri elettori che — si legge — il processo che ha portato alla scelta dei candidati, è stato semplicemente esposto nei suoi tratti finali. L’assemblea non ha mai potuto esprimere un’indicazione ma ha dovuto prendere atto di scelte già fatte e approvate altrove in un modo che si può definire perlomeno discutibile, se non addirittura oligarchico». L’altra accusa è di non aver puntato abbastanza sull’alleanza con i verdi e il resto del centrosinistra.
«Si va verso un isolazionismo che i numeri non giustificano più. Il risultato finale di questa scellerata modalità di procedere, che di democratico ha ben poco, sarà una maggiore disaffezione alla politica e lo spostamento inevitabile del voto verso le destre» concludono i ribelli.
Secco la replica di Huber. «Ho sempre condiviso tutto con l’assemblea e anche io sarei stato più felice se ci fossero stati candidati del territorio. Ma questa, più che una sfiducia a me, mi sembra una sfiducia a Renzi».
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