Toni Sartana Balasso tour
Lo spettacolo questa sera allo Zandonai Poi cinque date in Alto Adige
TTrilogia Economia e i demoni dentro le persone sono i protagonisti
oni Sartana è tornato e, con lui, ovviamente, Natalino Balasso. L’attore veneto andrà, infatti, in scena questa sera (alle ore 20.30) al teatro Zandonai di Rovereto con la seconda parte della trilogia «La Cativissima», intitolata: Toni Sartana e le streghe di Bagdad. Quasi altrettanto cattivo pare essere chi gli ha organizzato, per fine gennaio, una serie di date che toccheranno località non particolarmente famose per il clima temperato: Vipiteno (il 30 gennaio al Teatro Comunale), Bressanone (31 gennaio al Forum) e Brunico (4 febbraio Haus Pacher).
Ma lo spettacolo, interpretato anche da Francesca Botti, Andrea Collavino, Marta Dalla Via, Denis Fasolo e Beatrice Niero, calcherà anche il palcoscenico del Cristallo di Bolzano, il 2 febbraio, e quello del Puccini di Merano (sabato 3
febbraio). Un «tour de force» che non sembra provocare il minimo turbamento a Balasso che, anzi, presenta lo spettacolo come fosse in partenza per i Tropici.
Il primo capitolo della trilogia «Cativissima» (Epopea di Toni Sartana) era dedicato alla politica, mentre il secondo si occupa di economia. Più complicato quest’ultimo?
«No. Politica ed economia non sono i temi della commedia, ma i diversi demoni che sono all’interno delle persone. Sono lo sfondo, la scenografia. Nel primo capitolo c’era lo sfondo politico di chi voleva diventare il capo della regione Serenissima, nel secondo il protagonista tenta di diventare il capo dell’azienda in cui lavora».
Anche perché è diventato difficile dividere l’economia dalla politica... «Direi che la politica si occupa
quasi esclusivamente di economia».
Il potere economico è diventato più importante di quello politico?
«A dire il vero non sappiamo chi ha il vero potere. Per esempio, di chi sono i server centrali di internet? Sappiamo a mala pena dove si trovano e quanto sono grandi. Ma chi li controlla? Per il resto i politici sono spesso dei prestanome».
Siamo in campagna elettorale, tocca stare più attenti del solito?
«Non credo, anche se ho avuti alcuni con il primo capitolo. Alcuni sindaci leghisti, dotati di una certa supponenza, pensavano fosse uno spettacolo contro di loro. Strano che si fossero sentiti chiamati in causa, ma a me, ovviamente, non interessavano per nulla. Non era uno spettacolo dedicato a loro, era una rilettura di Ubu Roi, come il secondo è
una rilettura di Macbeth».
Anche perché gli imprenditori sembrano candidarsi meno volentieri di qualche anno fa. Ne è rimasto uno solo, per altro lo stesso di 25 anni fa...
«Credo che la gente si sia stufata di esponenti del mondo economico e della finanza che chiede sacrifici. Perché i sacrifici sono stati fatti, ma si sono avvantaggiati solo i venditori di armi e di farmaci. Ora il tasto dell’imprenditoria non funziona più molto bene».
Gli amministratori sono scelti dal voto popolare, così come vi è una vasta scelta di consumi. Non è che siamo tutti un po’ complici del sistema?
«Io analizzo la cattiveria di oggi, figlia del clima di individualismo consumistico. Ma la cattiveria che metto in scena, ovviamente, è anche la cattiveria di tutti». Massimiliano Boschi