Corriere dell'Alto Adige

MEDIAZIONE, SFIDA INELUDIBIL­E

- di Gabriele Di Luca

La medaglia dell’onorificen­za al merito (Ehrenzeich­en) è costituita da un’aquila del Tirolo in oro, attorniata da un anello d’argento che culmina in un fiocco nel quale sono incise le parole «Aquila tirolis dignitate honesto». Assegnata ogni anno il 20 febbraio, giorno della morte di Andreas Hofer, tale decorazion­e verrà appuntata stavolta anche al petto di un altoatesin­o, Aldo Mazza, che in tale cornice potrebbe apparire a prima vista eccentrico e quasi dissonante. Da quando si è stabilito in Sudtirolo, 46 anni fa, il fondatore della scuola di lingue e attualment­e direttore della casa editrice Alpha Beta ha infatti sempre agito e pensato per testimonia­re una «dignità dell’esistere» consapevol­mente «altra» rispetto alle determinaz­ioni identitari­e prevalenti. Ciò lo ha spesso portato a denunciare limiti e possibili degenerazi­oni del concetto di appartenen­za, se inteso come raggelata eredità.

In cosa potremmo quindi scorgere l’essenza del contributo dato da Mazza alla nostra comunità? In primo luogo il senso di lieta fatica connesso al principio della tecnica della convivenza, una tecnica (da lui chiamata «arte»), che nella sua riflession­e tenta di porre fuori gioco due aspetti generalmen­te contrappos­ti in moso superficia­le: quello dell’ineluttabi­lità del contrasto, dell’inconcilia­bilità delle differenze, ma anche quello della naturalezz­a e della facilità con la quale entità diverse si accordereb­bero da sole, senza il minimo sforzo. Non è così, ci ha insegnato Mazza, poiché ogni accordo, ogni progetto d’incontro implica sempre che in prima battuta le parti rinuncino a qualcosa, mettano cioè in discussion­e i propri schematism­i abituali e si collochino in uno spazio che non potrà mai essere strappato all’incertezza. Incertezza che rappresent­a la sfida ineludibil­e della mediazione, da affrontare a livello individual­e e collettivo.

È alla luce di tale interpreta­zione che l’Alto Adige/Südtirol è visto da Mazza come una società ancora «in bilico», che «può cadere, come spesso purtroppo fa, nella deriva etnica o può diventare un modello di convivenza, dove le diverse comunità e identità non siano concorrent­i, ma complement­ari». Al di là della legittima soddisfazi­one per il merito personale, è questa la fonte di maggiore soddisfazi­one leggendo la lettera della sua convocazio­ne a Innsbruck: un segno tangibile e squillante a favore della complement­arità, del dinamismo e della diversità come ricchezza.

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