Sicurezza sul lavoro Dipendenti impauriti nell’area sociosanitaria
Un dipendente su due percepisce rischi. Ipl e Inail: basilare la cultura dei controlli
Uno studio dell’Ipl ha radiografato i timori dei lavoratori su salute e sicurezza quando sono nella loro area di attività. La quota di chi «teme» per la sua persona è alta, circa il 27%. La quota sale al 50% nell’area socio-sanitaria dove ovviamente si è non raramente alle prese con casi limite. L’assessora Stocker: i controlli servono, i datori siano disponibili.
Il lavoro rappresenta «un pericolo» per un altoatesino su quattro.
L’Istituto Promozione Lavoratori (Ipl) ha presentato ieri a Palazzo Widmann i risultati dello studio dedicato alla sicurezza sul lavoro mettendo a nudo un quadro provinciale in chiaroscuro. Il 27% dei lavoratori altoatesini, infatti, ha la sensazione che dalla sua attività lavorativa possano scaturire dei pericoli per la salute o la sicurezza.
Un valore di gran lunga superiore alla media italiana (13,1%) e a quella austriaca (25,6%). Sorprende l’analisi dettagliata per settore dato che quello che viene avvertito come più pericoloso è il socio-sanitario con il 51,6%. Lavoratori che si trovano al cospetto di situazioni «al limite» e che, evidentemente, le giudicano pericolose.
«Gli altri parametri — spiega il ricercatore dell’Ipl, Werner Pramstrahler — sono in linea con la conformazione della nostra forza lavoro. Il 50% dei lavoratori nei trasporti e il 42,6% del comparto edilizio ritengono il loro mestiere pericoloso. La percezione del rischio, inoltre, è più alta nelle professioni manuali (41,9%) rispetto alle cariche dirigenziali (9%). Ricordiamoci, tuttavia, che questo dato non restituisce una gradazione del rischio percepito né la sua intensità».
Naturalmente esiste anche un’altra prospettiva di lettura collegata alla sensibilità media. In Svezia, per esempio, la consapevolezza del rischio tocca quota 47% anche se gli standard di sicurezza sono molto alti.
La preparazione dei dipendenti nel campo della prevenzione (certificata dagli altri dati) può comportare una maggiore attenzione all’insieme dei rischi. Tra i dati confortanti emerge proprio il 95% degli altoatesini che ritiene di essere ben informato sui pericoli connessi alla sua attività. Il 68,7%, inoltre, dichiara che nella sua azienda è presente un rappresentante dei lavoratori per la sicurezza riconoscibile e preparato. In una provincia dove le «croci bianche» hanno creato molte preoccupazioni nel 2017 spesso ci si interroga sull’efficacia dei controlli: «Questo non era tra gli oggetti della nostra ricerca quindi non abbiamo dati che possano stabilire se e quanto i lavoratori giudichino i controlli efficaci» chiude Pramstrahler.
«La mentalità e la cultura possono fare la differenza — è il pensiero dell’assessora provinciale al lavoro Martha Stocker — e la rilevazione ci mostra che siamo sulla buona strada. La mia speranza è che le autorità di vigilanza vengano viste dai datori di lavoro non come un peso ma come un partner per rendere tutto il sistema più sereno».
La ricerca è stata analizzata anche dai vertici di Ipl: «I lavoratori dipendenti — spiega la direttrice dell’Istituto Christine Pichler — mostrano un alto livello di responsabilità ma non bisogna mai fermarsi. Ci vuole uno sviluppo che si basi sul partenariato sociale. La vita lavorativa si sta allungando e le pressioni sul lavoro sono sempre maggiori quindi questo meccanismo rappresenta ormai un tassello fondamentale per tutto il tessuto sociale altoatesino».
La direttrice provinciale dell’Inail Mira Vivarelli aggiunge che in Alto Adige si sta rilevando una continua, anche se non eclatante, diminuzione degli infortuni sul lavoro: «Questo è un dato positivo legato pure ad una coscienza personale maggiore della sicurezza sul proprio posto di lavoro — dice — l’azione deve essere sinergica: non possono essere solo le aziende ad imporre le regole ma anche i dipendenti devono mostrare attenzione e sensibilità».