«Il padre» non convince Ottimi gli attori, alla regia manca il coraggio di osare
Uno spettacolo che guarda al reale, ma senza riuscire a interpretarlo.
La storia de Il padre dal drammaturgo francese Florian Zeller, portata in scena dal regista Piero Maccarinelli con protagonisti Alessandro Haber e Lucrezia Lante Della Rovere - in scena oggi alle 20.30 e domani alle 16 al Teatro Sociale di Trento, e dal 1 al 4 marzo alla Sala Grande del Teatro Comunale di Bolzano per la stagione Grande Prosa organizzata dal Centro Culturale Santa Chiara - offre al pubblico uno spaccato di contemporaneità. Il tema della pièce è un dramma ormai tristemente noto a tutti per esperienza diretta o indiretta: la demenza senile. Una patologia che con il costante aumento dell’età media della popolazione affligge sempre più anziani in tutto il mondo occidentale. A Parigi come in Trentino migliaia di persone ancora in salute fisicamente devono affrontare il progressivo decadere e sgretolarsi di lucidità e memoria fino a scivolare in uno stadio di non autoconsapevolezza.
Il padre è uno spettacolo che lascia l’amaro in bocca per due motivi. Primariamente per l’efficace fotografia di una situazione che potenzialmente tocca tutti i presenti in sala. Le manie, i delicati equilibri relazionali con figli, parenti, medici, badanti, le difficoltà di gestione pratica del vecchio padre vengono restituiti con la vivace trovata di far vivere anche al pubblico la medesima situazione di difficoltà e smarrimento del malato. E così gli spaesamenti, i volti che si confondano, le sovrapposizioni di tempo e spazio vengono portate in scena riproducendo quell’equilibrio tra tragedia e ironia che caratterizza la realtà del vissuto.
Ma secondariamente ciò che emerge è la scarsa profondità di uno spettacolo che non osa una chiave di lettura originale. La responsabilità è sia di un testo che non ha il coraggio di esplorare ulteriormente alcuni spunti - l’assenza della figlia minore, il destino finale di un uomo incapace di ricordare il proprio nome - sia di una regia che si limita a illustrare in modo didascalico il quotidiano alternarsi di notte e giorno, azione e riposo. La bella interpretazione di Alessandro Haber e quella di Lucrezia Lante Della Rovere, entrambe tese a restituire l’umanità dolente e non stereotipata del padre così come della figlia, e la buona prova della compagnia che li accompagna, non riescono a cancellare l’impressione di uno spettacolo costruito attorno a una tematica delicatissima e attuale ma che non riesce a dare nulla di più di una amara constatazione dello stato delle cose.