Rudy Giovannini, il Caruso sudtirolese folgorato da Verdi
L’ascesa di Rudy Giovannini detto «il Caruso delle Dolomiti» Folle ai suoi concerti: una super fan ne ha visti 720 in 14 anni
Su Pavarotti Lo conobbi a Verona, mi disse di percorrere la mia strada seguendo il cuore, e così ho fatto
«Ho sempre cantato, fin da bambino. Mia madre, quando chiedo quando ho iniziato, risponde che ho cominciato cinque secondi dopo la mia nascita». È una curiosa combinazione di talento e fortuna la storia di Rudy Giovannini. Classe 1966, all’anagrafe Rudi, quello che è soprannominato «il Caruso delle Dolomiti» è un cantante di musica popolare nativo di Bolzano che in 18 anni di attività ha collezionato migliaia di fan e più di venti dischi. Una carriera ricca di soddisfazioni e concerti, con folle oceaniche pronto a seguirlo a Laives, suo paese d’adozione, ma di fatto quasi sconosciuto nell’Italia non germanofona.
Il passaggio dal semplice amore per la musica alla professione avvenne 19 anni. «Ero a Napoli con degli amici e mi convinsero ad andare all’opera. Davano il Rigoletto di Verdi e ne fui folgorato: le scene, la musica, le voci, l’atmosfera. In quel momento decisi che avrei fatto il cantante».
Tornato in Alto Adige, Rudy Giovannini inizia a studiare al Conservatorio prima a Bolzano e poi a Verona. Qui il secondo incontro che gli cambierà la vita, questa volta con Arrigo Pola, già maestro di canto di Luciano Pavarotti. Pola lo invita a perfezionarsi sotto la sua guida e Giovannini non si fa sfuggire l’occasione. «Facevo otto ore di treno in un giorno per una sola di studio con Pola, ma ne valeva la pena».
Durante quelle lezioni ebbe anche l’opportunità di conoscere Pavarotti di persona, quando veniva a fare visita al vecchio maestro. In quegli anni Giovannini studia canto lirico ma contemporaneamente si indirizza sempre di più verso il genere popolare con l’operetta e il musical prima e con la Volkstümliche Musik poi, un genere specifico molto amato nei Paesi di lingua tedesca. È proprio Pavarotti a dargli la benedizione definitiva: «Mi disse di percorrere la mia strada seguendo il cuore, e così ho fatto».
La notorietà arriva nel 2000 con l’apertura del Grand Prix der Volksmusik, concorso internazionale che potrebbe essere definito l’Eurovision Song Contest dell’area linguistica tedesca e perciò tradizionalmente riservato a Germania, Austria e Svizzera, anche ai cantati sudtirolesi. «Arrivai terzo. Per me fu uno shock passare dal mondo della musica lirica, ristretto a pochi amatori, ai milioni di telespettatori dell’Eurovisione. In seguito vi partecipai altre due volte: nel 2002 classificandomi nuovamente terzo e nel 2006 quando lo vinsi. Fu una bella soddisfazione perché interpretavo la canzone con Balsy, cantante ladina di origine indiana, e con il Coro Monti Pallidi, composto da italiani. Una bellissima dimostrazione di come la musica superi tutti i limiti».
Un successo dovuto, a suo parere, a una combinazione di fattori: la fortuna di avere una bella voce, il perfetto bilinguismo e il fascino di venire dall’Italia, Paese noto al mondo per la tradizione melodica ereditata tra gli altri da Verdi, Bellini e Puccini.
Da allora, la sua carriera non si è mai fermata.
«Nell’ultima tournée di Natale ho fatto 35 concerti in 35 giorni. Mi esibisco di fatto quasi esclusivamente all’estero, dove sto anche 8 mesi all’anno. I Paesi nei quali sono più presente sono ovviamente quelli di lingua tedesca ma giro tutta l’Europa: Danimarca e Francia, ma soprattutto in Belgio dove ho un vastissimo fan club».
Un impegno notevolissimo, ricompensato dall’affetto di chi lo segue. La palma della fan più fedele va a un’anziana signora che negli ultimi 14 anni ha assistito a ben 720 concerti di Rudy Giovannini, stabilendo la media di quasi 52 concerti all’anno. Un amore ricambiato: «Sono molto attaccato alle persone, dai miei fan non ricerco solo l’affetto o l’ammirazione, ma a fine concerto sono felice di incontrarli di persona. Non sono uno di quegli artisti che fugge in elicottero per non avere nulla a che fare con la folla che ancora chiama il bis».
Ma è in patria che Rudy Giovannini è veramente considerato un eroe. «Si dice nemo propheta in patria, ma per me non è affatto così. Nel 2000, di ritorno da quel terzo posto al Grand Prix der Volksmusik, a Laives fu deciso di organizzare una festa in mio onore. Da allora il Köfelefest si ripete ogni anno con sempre maggiore successo».
E se l’edizione 2018, appena conclusa, ha fatto sold out di fan e ammiratori tutti gli alberghi fino a Salorno e l’ultimo cd Dankeschön für dieses Leben, presentato proprio in tale occasione, è esaurito su Amazon, i pragmatici sudtirolesi guardano avanti: è già stata fissata la data del Köfelefest 2019 e i biglietti saranno in vendita a partire da febbraio.