Miagi orchestra, il maestro Ward celebra Mandela
Per i cento anni dalla BOLZANO nascita di Nelson Mandela, dirigerà una sua partitura, «Rainbow beats». E lo farà sabato a Dobbiaco nel concerto inaugurale della Musik Mahlerwochen, con la direzione artistica di Josef Lanz. Insieme con la Miagi Youth Orchestra, con la quale collabora dal 2013. Duncan Ward, 28 anni, allievo di Daniel Barenboim e di Pierre Boulez, sul podio di prestigiose orchestre quali la Staatskapelle Berlin e la Lucerne Festival Academy Orchestra, si appresta a rendere un omaggio anche a Gustav Mahler. «Le Settimane sono dedicate a lui: è chiaro che eseguiremo anche pagine sue. Magari messe a confronto con alcune di Britten. Rischioso? Beh, a me piacciono i rischi», confida.
Sostenuto da Simon Rattle, Duncan Ward nel 2012 è stato il primo direttore a far parte dell’Accademia dei Filarmonici di Berlino e da allora ha diretto orchestre di fama internazionale quali la Bayerische Rundfunkorchester e la MDR di Lipsia. Collabora con la MIAGI Youth Orchestra sin dal 2013 e nell’estate del 2018 – in occasione del centenario della nascita di Nelson Mandela – ascolteremo la sua ultima composizione »Rainbow Beats - Suite for 100 Years Nelson Mandela«, brano commissionatogli peoprio da MIAGI.
Il concerto di Dobbiaco di sabato alle 19 ha in programma musiche di Mahler e Britten, di Strawinski (L’uccello di fuoco, ma non solo), poi Bernstein, con Visser Liebenberg, versatilissimo e molto apprezzato solista al clarinetto. Infine, la suite wardiana in memoriam Mandela.
Maestro Duncan Ward, lei pur giovanissimo ha elaborato esperienze importanti. Per prima cosa le chiedo allora se lei si sente più a proprio agio come direttore sul podio oppure come compositore?
«Si tratta di raggiungere, secondo me, una combinazione perfetta fra i due ruoli. E poi si impara molto di più facendo entrambe le cose, percorrendo entrambe le strade». E perché?
«Perché le due cose si influenzano e arricchiscono reciprocamente». Lei dirigerà a Dobbiaco una
prestigiosa orchestra di giovani e giovanissimi. Nel 2015 ha guidato un’altra formazione per «Il barbiere di Siviglia» a Salisburgo. E anche lì, pubblico addirittura di bambini, per una versione dichiaratamente per quella età. Solo un caso?
«Forse. Ma non è la cosa più importante per me. La prima cosa è trovare la via per attirare l’attenzione del pubblico verso l’orchestra e verso gli strumentisti. Oltre che per lo svolgimento del dramma, ovviamente».
E da parte di chi dirige e suona quali sono invece le incombenze?
«Non dobbiamo — non dovremo mai, per dire meglio — farci influenzare dalla tipologia di pubblico». Il repertorio del prossimo
concerto dobbiacense?
«Abbiamo scelto Mahler perché è Mahler. Strawinski perché ha colori musicali incredibili, magnifici e numerosi. E così via. Ciascun autore che eseguiremo amplificherà il contesto nel quale saremo». E l’orchestra?
«Tutti musicisti straordinari con un grande background culturale». Lo dice (anche) per cortesia?
«No. li ho diretti anche di recente e so quel che dico».
Lei ha avuto grandi direttori come maestri. Faccia un nome.
«Daniel Barenboim, che è stato il mio mentore. Ne ho tratto ispirazione ed esperienze straordinarie».