Torna Bolzano Danza Di Stefano: «Show outdoor, performance d’intensità»
Un festival proiettato sul mondo, aperto al dialogo tra le arti e decisamente contemporaneo. Inizia oggi la 34esima edizione del festival Bolzano Danza che fino al 27 luglio si snoderà tra grandi nomi e giovani realtà. Nel variegato cartellone 2018 si incontrano un totale di 35 rappresentazioni. L’ouverture del Festival si svolge oggi alle 22 al Museion con l’ospitalità del progetto site specific «Argon» firmato dal coreografo Fabrizio Favale in collaborazione con il collettivo multimediale ZimmerFrei, mentre l’inaugurazione ufficiale è affidata a Bill T. Jones domani al Teatro Comunale. Novità la decisione del direttore artistico Emanuele Masi di farsi affiancare da un guest curator per l’ideazione degli eventi Outdoor. Il primo ospite è Michele Di Stefano, coreografo e guida del collettivo mk e Leone d’Argento per l’innovazione alla Biennale di Venezia 2014.
Cosa significa il titolo della programmazione outdoor «Vedute/Ansichten»?
Ho voluto partire da un luogo centrale dal quale guardare la danza per gettare lo sguardo verso un orizzonte più ampio e delocalizzare gli spettacoli in vari spazi. La programmazione outdoor porterà il pubblico a vagare in solitudine guidato da dispositivi tecnologici, osservare la danza in lontananza, scoprire performance costruite sul principio ritmico delle parole, osservare spettacoli creati attraverso un solo movimento reiterato, financo salire al Renon per immergersi in una danza di profonda ritualità.
Il programma outdoor comprende Fabrizio Favale, Claudia Castellucci, Alessandro Sciarroni e molti altri nomi, tutti italiani. Da cosa dipende questa scelta?
Credo particolarmente nel sostegno alla danza italiana, perché l’abitudine all’insuetudine e alla precarietà del lavoro negli anni ha generato uno sguardo più sorprendente e inedito. La mancanza di un mercato stabile ha spinto i coreografi a sperimentare oltre i limiti.
Che tipo di rapporto esiste tra il corpo in danza, lo spazio extra teatrale e il pubblico?
Il corpo del danzatore per me è un corpo educato al movimento all’aperto, abituato al confronto con l’alterità e pronto all’imprevisto, come se fosse al centro di una radura in una foresta. A ciò si accompagna la capacità della danza di comprendere il pubblico nello stesso spazio condiviso, e ciò è molto più facile in luoghi non convenzionali. La cosa più importante per me è che tutti questi spettacoli non siano semplicemente dislocati in luoghi «altri», ma siano stati creati pensando a una relazione diversa e più intensa con lo spazio e lo spettatore.