Caino e Abele, un’eterna battaglia riletta da Zappalà
Prima assoluta di Liederduett al Comunale per Bolzano Danza Sul palco quattro ballerini, tra Schubert e musica elettronica
Il coreografo siciliano porta l’ultimo lavoro diviso in due: Corpo a corpo e Come le ali
Èuno degli eventi di punta del festival Bolzano Danza che dalla settimana scorsa e fino al 27 luglio porterà nella città altoatesina alcuni dei nomi più in vista della danza contemporanea italiana e non solo. Liederduett (due episodi su Caino e Abele) del coreografo siciliano Roberto Zappalà sarà presentato in prima assoluta al Teatro Comunale di Bolzano questa sera, alle 21.
Un lavoro che vede in scena, oltre a quattro danzatori della compagnia, il pianista Luca Ballerini e il controtenore Riccardo Angelo Strano per l’interpretazione di alcune pagine di Schubert e la musica elettronica originale composta da Pierpaolo Cimino. Abbiamo intervistato Zappalà, fondatore della compagnia Zappalà Danza di Catania, e direttore di Scenario Pubblico, uno dei tre Centri di produzione nazionali della danza riconosciuti dal Ministero per i beni e le attività culturali.
Da dove nasce l’idea di un balletto ispirato alla vicenda di Caino e Abele?
«Da molti tempo io e Nello Calabrò, mio drammaturgo di riferimento, attraverso il progetto Transiti Humanitatis ci interroghiamo sulla storia delle relazioni umane fin dalle origini. Liederduett nasce da una semplice domanda: se non ci fosse stato il primo fratricidio cosa sarebbe successo all’umanità? Sarebbe ugualmente presente nel mondo la violenza, l’incompatibilità tra esseri umani? Indagare questo tema in danza significa non narrare una storia, ma dare suggestioni. Lo spettacolo si divide in due quadri, due meditazioni laiche. Nella prima, Corpo a corpo, è investigato il conflitto, mentre nella seconda Come le ali è preso in considerazione il pensiero positivo che vede possibile un legame tra esseri umani attraverso la simbiosi».
Un aspetto molto rilevante di questo nuovo lavoro è rappresentato dalla musica.
«In Liederduett la musica di Franz Schubert si incontra con delle composizioni elettroniche che hanno un tratto di epicità. Non ho studiato musica ma ho un orecchio molto sviluppato e mi capita di entrare in conflitto con i musicisti a causa di diverse concezioni di purismo dell’esecuzione. Per me è importantissimo che la musica sia in relazione con la danza e per questo chiedo delle piccole variazioni nelle interpretazioni, cosa che non tutti capiscono. Questo è il quarto spettacolo che realizzo con Luca Ballerini perché comprende la mia esigenza di mettere l’accento sulla qualità dell’evento di spettacolo, non sulla perfetta aderenza alla partitura».
In che direzione si muove il suo linguaggio?
«Sto lavorando molto sulla semplicità della ricerca coreografica. Credo che negli ultimi dieci anni si sia progressivamente persa la concezione del coreografo come persona che muove i corpi di altre persone seguendo una precisa idea artistica. La cosa più importante per me è l’autenticità del linguaggio, non essere di rottura o ricercare l’innovazione a tutti i costi. L’artista non deve obbligatoriamente sconvolgere, ma far riflettere e sognare il pubblico. Il secondo quadro infatti si chiude con una visione della vita e delle relazioni umane molto positiva e molto delicata. Nella danza manca la parola e quindi molte persone dicono di “non capire” il linguaggio coreografico. Ma davanti alla danza spesso non è necessario capire: basta guardare e giudicare un’opera d’arte dalla bellezza».
Le relazioni umane alla base dello spettacolo con Calabrò indagano il tema del primo fratricidio