POLITICA DEL RIVIO FATALE
È finita come la narrazione di questi mesi aveva abbondantemente pronosticato, con un centrosinistra autonomista a pezzi, prigioniero di se stesso e di vecchi fantasmi; un Pd spaccato, fragile e disorientato; un’Unione per il Trentino persa a inseguire sogni di mezza estate; un Patt asserragliato dentro le proprie mura a difendersi usando fionde e pistole ad acqua; un governatore costantemente sotto accusa e poi spinto in fondo al burrone perché bisognava soddisfare la voglia di cambiamento. Peccato che la trama andata in onda, sin dall’inizio sia sempre stata priva di strategia vivendo sull’improvvisazione, su rese dei conti interne piuttosto che su prospettive di governo.
Un finale che si poteva già intuire all’indomani del 4 marzo scorso quando il centrosinistra autonomista — travolto dallo tsunami leghista abbattutosi con forza anche in Trentino — ha optato per giocare alla politica del rinvio, delle mezze analisi, delle letture semplicistiche dettate dal fatto che il voto nazionale non è assimilabile a quello locale e quindi nella consapevolezza che c’erano i margini per recuperare il terreno perduto. Ugo Rossi è stato dunque processato e condannato come da più parti si chiedeva. Ma è stata una vittoria, se vittoria si può chiamare, di Pirro. Ciò che emerge dal ribaltone è che Rossi chiude la sua esperienza amministrativa pagando a caro prezzo non le scelte politiche fatte, attorno alle quali regna ad oggi un silenzio assordante, ma la carenza di leadership, la difficoltà di tenere rapporti sul territorio e di sapersi attorniare da persone fidate. La caduta di Rossi, poi, è anche la vendetta assaporata da Donata Borgonovo Re: assessora scaricata con una missiva e sempre in attesa di conoscere le reali motivazioni. Borgonovo in questi mesi è stata una spina nel fianco, guidando il fronte del rinnovamento. Non sappiamo, adesso, se rimosso Rossi il centrosinistra saprà ritrovare stimoli per aprire un’altra fase. I tempi sono stretti, inoltre l’immagine sull’esterno, a prescindere, fotografa un’aggregazione smarrita, incapace di tenere la barra dritta. Il peccato originale risale, voglia o non si voglia, sempre al 4 marzo. Oggi il centrosinistra è in frantumi e leccarsi le ferite non sarà compito facile.