Corriere dell'Alto Adige

Il pittore dimenticat­o delle vette alpine

Augusto Tommasini dipinse paesaggi montani ma oggi è ricordato per le memorie del tribunale di guerra Anche il figlio Giancarlo, medico, coltivò la stessa passione

- di Roberto Pancheri

Non è raro imbattersi in artisti del Novecento che siano ancora privi di un sia pur minimo profilo biografico. È sufficient­e che non abbiano lasciato eredi interessat­i a valorizzar­ne le opere, o che non siano facilmente incasellab­ili in un movimento o in una scuola, ed ecco venir meno anche l’attenzione della critica nei loro confronti, spesso per effetto dell’inerzia degli «addetti ai lavori». È questo il caso di un pittore trentino vissuto nella prima metà del XX secolo, Augusto Tommasini, il cui nome non compare in alcun repertorio dedicato agli artisti locali, benché i suoi dipinti circolino tuttora sul mercato con elevate quotazioni. Eppure si tratta di una figura tutt’altro che appartata nel panorama culturale del suo tempo, pur non avendo mai oltrepassa­to i confini del dilettanti­smo.

Il nome di Tommasini è oggi ricordato solamente in relazione a un suo libro pubblicato nel 1923 dalla casa editrice Tridentum, i Ricordi del tribunale di guerra a Trento 1914-1918. Il volume è interessan­te anche per la grafica della copertina, che mostra una testa di Medusa disegnata da Silvio Vitti (altro artista dimenticat­o di quella generazion­e). Il memoriale scaturiva dall’esperienza diretta dell’autore, il quale — grazie alla sua conoscenza del tedesco e di altre lingue straniere — ricoprì il penoso ruolo di interprete protocolli­sta presso il tribunale militare di Trento durante la prima guerra mondiale e il processo a Cesare Battisti.

Poco altro si sa della sua vita: era nato a Pergine il 15 marzo 1882 da Carlo e Luigia Froner. Il padre dirigeva l’Hotel Al Moro di Roncegno e costruì l’Albergo Alla Corona di Montagnaga di Piné; la madre era sorella del podestà di Roncengo e direttore del locale stabilimen­to termale. In gioventù Augusto aveva lavorato in alcuni grandi alberghi di Londra e di Parigi prima di assumere, intorno al 1912, la direzione dell’Hotel Bristol a Trento, mentre il fratello minore Antonio, dopo la morte del padre nel 1922, si prese cura dell’albergo di Piné.

Il lavoro nel settore alberghier­o non impedì ad Augusto di coltivare interessi artistici, anche se scarse sono le notizie in proposito. Nel 1934 sulla rivista Studi Trentini veniva segnalata una sua mostra allestita a Vienna: «Il concittadi­no Augusto Tommasini — si legge nell’anonima cronica — ha esposto alcuni dei suoi paesaggi alpestri a Vienna nelle vetrine del negozio Neumann, il noto negoziante di quadri e di oggetti d’arte». La sede dell’esposizion­e induce a ritenere che il pittore frequentas­se abitualmen­te la capitale austriaca e che i suoi dipinti abbiano conosciuto ampia diffusione, ben oltre i confini provincial­i.

Augusto morì a Trento il 31 dicembre 1951, pochi mesi dopo aver dato alle stampe un opuscolo dal titolo Cultura ed educazione civile turistica. Nel necrologio apparso il 3 gennaio successivo sul Gazzettino se ne ricordava la «vita esemplare tutta dedicata al culto della famiglia e al lavoro nel campo turistico-alberghier­o e in quello pubblicita­rio», senza dimenticar­e «la sua passione per l’arte attraverso la quale fece conoscere ed amare le bellezze della nostra terra».

Tommasini fu un emulo del britannico Edward Theodore Compton (1849-1921), il pittore delle vette per eccellenza, attivo in area trentina e tirolese tra la fine dell’Ottocento e lo scoppio della Grande Guerra. Per un confronto si consideri la bella tela appartenen­te alla collezione dell’Itas, raffiguran­te i laghetti dei Piani a Sesto Pusteria: qui la fedele restituzio­ne del dato naturale si unisce a una capacità non comune di evocare la maestosità dello scenario d’alta quota e la sua luce primordial­e, grazie anche all’uso sapiente della spatola. Lo stesso si può dire della veduta delle Tre Cime di Lavaredo tuttora conservata nell’albergo di famiglia a Montagnaga, oggi sede del Museo del Turismo Trentino.

Le crode dolomitich­e furono il soggetto preferito di Tommasini ed è probabile che i suoi paesaggi nascessero da schizzi ripresi dal vero durante escursioni e scalate. Raramente le sue tele recano la data di esecuzione, sicché è impossibil­e individuar­e una linea di sviluppo all’interno della sua produzione.

Anche il figlio Giancarlo, che divenne medico, coltivò la passione per la pittura. Nato a Roncegno il 26 novembre 1911, a differenza del padre si accostò anche ai generi della veduta urbana e della natura morta, con una predilezio­ne per la tecnica dell’acquarello. Partecipò a mostre collettive a Venezia, Bolzano, Rovereto e Padova, mentre sue mostre personali si tennero a Trento nel 1961 e nel 1965 alla Camera di Commercio. La sua ultima mostra risale al 1987, al Palazzo della Regione. Giancarlo morì due anni dopo a Trento e fu sepolto accanto al padre nel settore monumental­e del cimitero comunale. Anche la sua figura attende di essere riconsider­ata nell’ambito degli studi sulla pittura trentina del Novecento.

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 ??  ?? OpereIn alto «I laghi dei Paini a Sesto Pusteria», olio su tela, collezione Itas. A fianco la copertina del volume «Ricordi del tribunale di guerra a Trento 1914-1918, pubblicato da Tommasini nel 1923. La copertina è di Silvio Vitti
OpereIn alto «I laghi dei Paini a Sesto Pusteria», olio su tela, collezione Itas. A fianco la copertina del volume «Ricordi del tribunale di guerra a Trento 1914-1918, pubblicato da Tommasini nel 1923. La copertina è di Silvio Vitti

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