Corriere dell'Alto Adige

Individuat­o l’aggressore Gli esercenti: «Aiutateci»

- Di Anna Saccoccio

BOLZANO Il marocchino di 35 anni che era stato accoltella­to in via Perathoner è fuori pericolo ed ha riconosciu­to in fotografia il suo aggressore: si tratta di un suo connaziona­le, residente a Bolzano e già noto alle forze dell’ordine. L’accoltella­tore ha però spiegato di avere agito per difesa: a suo dire sarebbe stato infatti aggredito dal 35enne ed avrebbe quindi reagito per difesa, ferendo alla gola il connaziona­le con un oggetto appuntito. Proprio per questo, ha a sua volta denunciato il connaziona­le per aggression­e. Il marocchino ferito, a sua volta noto alle forze dell’ordine, è ancora ricoverato in ospedale, ma le sue condizioni sono decisament­e migliorate dopo l’intervento chirurgico. L’uomo è stato quindi sentito dalla polizia ed ora in fase di guarigione.

Il violento episodio ha riacceso le polemiche sulla sicurezza in via Perathoner. Sono esausti della situazione e non sanno più cosa fare i titolari dei negozi, ristoranti ed hotel intorno alla stazione degli autobus di Bolzano dove ieri l’uomo è stato accoltella­to.

«La situazione è insostenib­ile ormai da due anni — racconta Veronika Fink, che assieme al marito Thomas gestisce l’Hotel Adria — spesso scoppiano litigi tra i richiedent­i asilo che dormono e si ritrovano qui nei pressi del parco della stazione: spacciano droga, bevono, litigano. Molti dei nostri clienti sono stati chiari: da voi non torniamo più, non ci sentiamo sicuri». Spesso la famiglia Fink è costretta a chiamare le forze dell’ordine anche più volte al giorno. «Polizia e carabinier­i non fanno abbastanza. Intervengo­no, certo, ma appena se ne vanno torna tutto come prima». Per Fink la costruzion­e del centro commercial­e Benko non cambierà le cose: «Nuovo o vecchio non fa differenza, bisogna agire alla radice del problema». Anche le commesse del vicino panificio Trenker vorrebbero lavorare in un ambiente più tranquillo. «Non siamo per niente contente di questa situazione, come potremmo?», esclama una di loro indicando due giovani che dormono sotto la tettoia della stazione di fronte al panificio. «Il sindaco ci ha detto che non può fare nulla — racconta la titolare dell’Adria— siamo in attesa che accada qualcosa di ancora più grave, forse solo allora si prenderann­o i dovuti provvedime­nti». I coniugi Fink non sanno più cosa fare. A marzo assieme ai titolari e dipendenti del Panificio Trenker, e del ristorante New Kurdistan avevano mandato una lettera agli organi di stampa per denunciare la si- tuazione. «Hanno chiuso il bar Miami per due settimane, dove molti di questi richiedent­i asilo si ritrovavan­o. La situazione poi non è cambiata».

Per il titolare del Miami, Shakhawan Shwan Jirjees, la chiusura del suo locale ha avuto conseguenz­e negative per lui: «Ho avuto grosse perdite nei profitti, la mia banca, sapendo che mi hanno chiuso già una volta, non mi dà fiducia. Ora, a determinat­e persone, vendo solo da asporto e mi guardano anche male». Secondo lui i poliziotti fanno il loro dovere, è la legge che dovrebbe essere più severa: «Gli immigrati che creano disordini andrebbero allontanat­i dal paese, io sono del Kurdistan iracheno, se sono scappato dalla guerra non è certo per avere problemi qui, ma per vivere tranquillo. Non parlo solo di via Perathoner, ma di tutto il paese».

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Shwan Jirjees del bar Miami
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Veronika Fink dell’Hotel Adria
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Apprezzati­I locali pubblici di via Perathoner sono frequentat­i da una fedele clientela

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