Bosco, erosione continua per fare spazio alle vigne Nel 2017 addio a 197 ettari
Allarme di Giacomoni: gli alberi stabilizzano i versanti
BOLZANO I boschi dell’Alto Adige, modello virtuoso invidiato da tutti. Eppure. Nel 2002 una relazione della ripartizione provinciale Foreste stabiliva che «il fine principale della politica forestale in Alto Adige è il mantenimento del bosco nella sua estensione territoriale attuale, nonché il suo ampliamento». A guardare i dati, però, sempre più boschi stanno scomparendo lasciando spazio ad altro: non solo e non tanto al cemento (per fortuna), ma soprattutto a nuove colture, in primis la vite.
È questo l’allarme lanciato da Paolo Giacomoni, capogruppo comunale del Movimento 5 Stelle che da tempo si batte sia a livello cittadino che provinciale chiedendo un freno alle incessanti concessioni di cambio coltura.Tecnicamente, citando sempre la relazione provinciale, per «cambio coltura» si intende la «trasformazione definitiva e permanente di un bosco in altra qualità di coltura (per esempio prato, pascolo, vigneto…) o in superficie con altre destinazioni d’uso (per esempio piste da sci, parcheggio, zona per insediamenti produttivi…)». «Quello che manca sono delle linee guida e un limite in ettari ai cambi coltura — sostiene il consigliere M5s — Le linee guida sono essenziali. Non si può lasciare a una commissione di tecnici formata da sole tre persone il compito di decidere i cambi coltura. I tecnici hanno una pressione enorme sulle spalle. Spesso un Comune gira la richiesta senza prendere posizione, sostanzialmente dicendo alla commissione: “decidete voi”. È chiaro che i tecnici non vivono sulla luna». Per Giacomoni, il punto di non ritorno è iniziato con l’introduzione della normativa provinciale «verde/verde» che, «con subdola ipocrisia semantica equiparava il verde di un bosco a quello dei vigneti o dei prati. È partita così la carica di tutte le amministrazioni comunali alle richieste di disboscamento per accontentare le domande del proprio bacino elettorale».
Effettivamente, se si vanno a scandagliare i dati del passato, non si può negare che negli anni gli ettari di bosco che hanno lasciato spazio a verde agricolo o ad aree urbanizzate sono stati in costante aumento: negli anni ’80 si autorizzava una media di 16,63 ettari/ anno di cambi di coltura, che negli anni ’90 sono passati a 27,76 ettari l’anno. Negli anni duemila i cambi coltura hanno invece interessato 88,93 ettari/anno per arrivare ai 111,55 ha di bosco autorizzati al dissodamento ad inizio 2010. Nel solo 2016 sono stati autorizzati 284 ettari di disboscamenti, cifra record che nel 2017 è scesa a 197,14 ettari.
«La difficoltà della commissione nel decidere sui cambi coltura si percepisce dal fatto che tante di queste domande sono accettate con una compensazione — spiega Paolo Giacomoni —. La commissione dice: “si lo puoi fare, ma magari solo su due terzi o se pianti due alberelli”. C’è difficoltà a dire no ricordando che quello che si sta abbattendo è un bosco di protezione. La commissione dà parere negativo a poche domande. Una vigna non potrà mai avere la stessa funzione protettiva che ha il bosco. Due terzi dei boschi presenti in Alto Adige sono boschi di protezione, che proteggono abitati. Nella legge non c’è nessuna esclusione di tipo boschivo».
La maggior parte di cambi coltura è concessa per trasformare boschi in verde agricolo: sostanzialmente i boschi lasciano spazio a vigne o ad altri alberi da frutto. Una scelta che non incide solamente sulla sicurezza dell’essere umano che vive il territorio, ma che toglie terreno a specie animali e vegetali. «Si sta continuando a consumare territorio che prima non era urbanizzato — conclude Paolo Giacomoni — Con il cambio coltura il bosco diventa un territorio da cui può scaturire anche una piccola forma di inquinamento. Il comune di Bolzano non fa grandi cambiamenti di coltura per la scarsità di suolo, ma li fa in quei posti dove ci sono boschi che sono di protezione per la zona urbanizzata» Il caso più recente in città è stato discusso nell’ultima seduta di giunta: ok al cambio coltura con il voto contrario dell’assessora Lorenzini.