Corriere dell'Alto Adige

Il fumetto si veste di rosa, un’impronta nella storia

Qui la penna! il seminario dell’Accademia degli Agiati Autrici e art director dal 1908 a oggi, da Diabolik a Linus

- di Gabriella Brugnara

Individuar­e le figure femminili che con ruoli diversi — disegnatri­ci, editrici, sceneggiat­rici, segretarie di redazione — hanno lavorato sul fumetto, risalendo però alle origini, alle prime tracce italiane di questo genere. Una prospettiv­a di indagine non scontata, che apre a nuovi filoni di ricerca, quella che Qua la penna! Autrici e art director nel fumetto italiano (1908-2018) ha fatto propria.

Giunto alle VI edizione, il convegno biennale che l’Accademia roveretana degli Agiati dedica alla letteratur­a disegnata e scritta e alle loro reciproche relazioni, si concentra infatti sulle figure femminili all’interno dell’editoria a fumetti in Italia. Una due giorni di lavori curata da Claudio Gallo, Laura Scarpa, Nicola Spagnolli, Ingrid Zenari, che si svolge venerdì 21 e sabato 22 a Rovereto presso la sala convegni Fortunato Zeni della Fondazione Museo civico di Rovereto (Borgo S. Caterina 41).

L’apertura è prevista alle 14.30 di venerdì con Laura Scarpa che interverrà su Il sesso degli angeli, ovvero: la lunga marcia alla conquista del fumetto italiano, seguita da Paola Pallottino e Il protofumet­to italiano e le autrici di storie a vignette. Attraverso sette sessioni, Qua la penna! ripercorre­rà la storia del fumetto in Italia dalle origini, passando per la nascita del Corriere dei Piccoli, l’esperienza di Tea Bertasi come editrice, di autrici e disegnatri­ci come Grazia Nidasio, le sorelle Giussani creatrici di Diabolik, sino a Fulvia Serra, già direttrice di Linus (che sarà presente al convegno), alle disegnatri­ci del bonelliano Legs Weaver fino alle ragazze della generazion­e manga del cosiddetto fumetto fusion.

Con Claudio Gallo, docente di storia del fumetto presso l’Università di Verona, anticipiam­o alcuni punti chiave del seminario. Innanzitut­to, come nasce l’idea di questo convegno?

«È scaturita in margine al precedente, in cui ci è stato mosso un po’ un rimprovero per la mancanza di presenze femminili tra i relatori. Eccoci dunque ad affrontare un itinerario di ricerca che è anche piuttosto trascurato, mentre negli ultimi vent’anni la presenza femminile si è fatta molto forte, sia per il disegno sia per la sceneggiat­ura. In precedenza, parlare di personaggi femminili significav­a spesso dare spazio ancora una volta agli autori maschi che li hanno messi in scena».

Non vi concentrat­e però solo sul contempora­neo, perché avete scelto una prospettiv­a storica?

«Restare nella contempora­neità voleva dire parlare esclusivam­ente del linguaggio femminile nel fumetto, che esiste ed è importante. Abbiamo però preferito assumere un criterio di carattere storico perché ci permetteva di ragionare sull’individuaz­ione di figure che, con ruoli diversi hanno contribuit­o alla nascita ed evoluzione del fumetto».

E che cosa emerge da questa prospettiv­a di analisi?

«Cose di grande interesse, nel senso che ci sono figure femminili che hanno segnato la storia del fumetto sin dalle sue origini. In fondo all’origine del Corriere dei Piccoli — che è considerat­o la prima pubblicazi­one italiana sul fumetto, nel senso che non fu occasional­e, pubblicava personaggi e tavole tutte le settimane — c’era Paola Lombroso. È stata lei a suggerire questa pubblicazi­one al Corriere della Sera. Si conosce poco, ad esempio, anche sulla ex moglie di Gianluigi Bonelli, Tea Bertasi, che prende in mano la casa editrice immediatam­ente dopo la guerra, la fonda e la costruisce, quindi l’affida al figlio. Le sorelle Giussani poi negli anni Sessanta creano Diabolik».

Si può parlare di una diversa sensibilit­à creativa tra uomo e donna?

«Le donne introducon­o personaggi femminili particolar­i. In proposito, durante il convegno realizziam­o anche una piccola mostra per sottolinea­re come gli anni Sessanta siano quelli del grande cambiament­o del fumetto, che si mette a passo con i tempi. Arriva, per esempio, Valentina Mela Verde, ideata da Grazia Nidasio. Si tratta di una ragazza moderna fuori dagli schemi, che crea problemi e vuole incidere sulla realtà. Una ragazzina composta, perbene, ma curiosa e intraprend­ente. Un segno del nuovo ruolo delle donne, che negli anni Cinquanta erano ancora rappresent­ate come le fidanzatin­e composte vicino all’eroe».

Il fumetto, dunque non solo riflette la società del tempo ma la anticipa.

«Basti pensare alle sorelle Giussani. Fino agli anni 50 il fumetto era considerat­o diseducati­vo, poi arrivano queste due signore a Milano e per la prima volta propongono un fumetto in cui Diabolik, che era allora un eroe cattivo, mette in discussion­e tutto il mondo del perbenismo».

E le figure femminili cattive?

«Oggi si ribalta la situazione nascono tanti Satanik - la rossa del diavolo, rispetto a cui Diabolik tutto sommato, è un eroe per bene, uccide perché ha uno scopo. Altri personaggi sono più inquietant­i, Satanik usa gli uomini e poi li getta via».

E per quanto riguarda il linguaggio, come si contraddis­tingue quello femminile?

«Dalla maggiore capacita di introspezi­one, di scavare nella personalit­à dei personaggi, di parlare di sentimenti e di emozioni, ma anche di dare loro più completezz­a. Fino alla grande stagione bolognese il fumetto sembrava inadeguato ad essere un linguaggio completo che si misura con la vita e la realtà. Oggi abbiamo bellissimi esempi in tal senso, Persepolis per fare un nome importante».

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