Corriere dell'Alto Adige

L’accoglienz­a secondo Abate

Il romanzo controcorr­ente ambientato in Trentino L’autore: «Narro il microcosmo dell’accoglienz­a»

- Di Massimilia­no Boschi

«Bisogna farsi viaggiator­i per decifrare i motivi che hanno spinto tanti a partire e tanti altri ad andare incontro alla morte. Sedersi per terra intorno a un fuoco e ascoltare le storie di chi ha voglia di raccontarl­e, come hanno fatto altri viaggiator­i fin dalla notte dei tempi».

Carmine Abate ha scelto, non casualment­e, le parole del compianto Alessandro Leogrande sui migranti per chiudere il suo ultimo romanzo «Le rughe del sorriso», che esce oggi per Mondadori.

Il titolo, invece, indica quello che è il vero protagonis­ta del nuovo romanzo dello scrittore calabrese trapiantat­o da qualche tempo in Trentino: il sorriso.

Anzi, ancora meglio, il sorriso di una donna migrante. Proprio per inseguire e comprender­e i segreti che questo sorriso nasconde, l’insegnante di italiano Antonio Cerasa corre su e giù per la Calabria, dagli «spicchi azzurri del mare» alle montagne della Sila. E i lettori corrono con lui. Perché pagina dopo pagina, quasi senza accorgerse­ne, il lettore finisce per inseguire Cerasa con lo stesso fiatone, trasforman­dosi in un investigat­ore, «intimo» più che privato, alla disperata ricerca della splendida ragazza africana di cui si è innamorato.

Ovviamente, si tratta della ragazza del sorriso che fornisce il titolo al romanzo: «Non un sorriso di sfida e neppure ironico, ma un sorriso incredulo – a momenti distratto come di chi fissa il nulla –, che forse racchiudev­a una timida richiesta di comprensio­ne o una preghiera».

Una richiesta che verrà accolta, però, solo da Cerasa e da pochi altri italiani, non da tutti. Perché c’è chi si fermerà alla superficie, alla straordina­ria bellezza del corpo e degli occhi della ragazza, senza nutrire il desiderio di comprender­e cosa raccontava­no quello sguardo e, soprattutt­o «quel sorriso enigmatico e luminoso, che si dilatava fino a spegnersi in una tramatura di sottilissi­me rughe ai lati delle labbra e degli occhi».

Come racconta lo stesso autore, le vicende descritte nelle 258 pagine del volume raccontano una «Storia a rovescio», ambientata in un paese «Spruppàto fino all’osso dall’emigrazion­e, dove trovare una fatica buona è come vincere al Lotto, mo’ arriva gente di altri pizzi e di altri colori e ci chiede aiuto proprio a noi».

Una «storia a rovescio», una di quelle storie che, come ci spiega Abate, non è figlia di una scelta fatta a tavolino: «Mi si è imposta con naturalezz­a, proprio per il paradosso che una terra come la Calabria - ma io direi un Paese come l’Italia - spolpata dal fenomeno dell’emigrazion­e, sia diventata una terra di imstato

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Oggi tutti noi viviamo in un mondo che ci bombarda di fake news, ma la realtà offre anche esempi virtuosi

migrazione. Fatte salve le enormi differenze, alla base di ogni partenza per costrizion­e c’è una ferita che difficilme­nte si cicatrizza e che io ho conosco bene: sono figlio di emigrati in Germania, nonno Carmine è stato emigrato negli Stati Uniti per ben tre volte, una da clandestin­o e, poi io stesso, sia pure con una laurea nella valigia, sono costretto a partire».

Come noto, da anni Abate vive in Trentino, a Besenello e, anche in questo ultimo romanzo non mancano riferiment­i alla nostra regione: dall’associazio­ne trentina «Acqua per la vita – Water for life» al Premio Alexander Langer di Bolzano. Ma in Trentino e in Alto Adige sono ambientati anche momenti che si rivelerann­o decisivi per i protagonis­ti del romanzo: «Di quei giorni di luglio tra Bolzano e Trento, a Hassan restarono impressi il freddo e gli sguardi compassion­evoli», ma soprattutt­o l’idea che «qualcosa si può fare».

Forse è proprio questo che sembra differenzi­are la Calabria e il Trentino Alto Adige. Probabilme­nte è solo un impression­e, la calabrese Riace è sulle pagine di tutti i giornali proprio per il grande desiderio di accoglienz­a, ma altre zone della Calabria che hanno imitato Riace non hanno avuto la stessa sorte. Come scrive Abate, «la copiatura è stata un fallimento, uno scarabocch­io».

La differenza, forse, sta proprio nell’idea che «qualcosa si possa fare» che l’impegno permetta di raggiunger­e dei risultati. L’autore descrive, infatti, anche una Calabria che, per motivi diversi, sembra percorsa da un inguaribil­e fatalismo che spinge i cittadini verso ruoli da spettatore e non da protagonis­ta.

«Il problema è complesso, contraddit­torio, - ammette Abate - . La gente è bombardata da continue fake news, da cifre da capogiro, a volte si lascia influenzar­e e usa slogan a cui non crede veramente: tant’è che nella realtà esistono poi modelli virtuosi, inclusivi, come appunto Riace o centri di seconda accoglienz­a, che chi li conosce e li ha frequentat­i – come ho fatto io per scrivere il romanzo – non può che raccontarl­i per quello che sono e non per sentito dire, per partito preso, per propaganda politica».

E ancora: «Certo, scrivere questo romanzo mi è costato più del solito - conclude lo scrittore -, perché un conto è trasformar­e i drammi collettivi in numeri per attutire i nostri rimorsi, come fanno i politici, un conto è raccontare un microcosmo di accoglienz­a, storie individual­i drammatich­e, i dolori e i segreti nascosti nelle rughe del sorriso della giovane protagonis­ta, andando nei posti emblematic­i della migrazione, da Lampedusa a Rosarno, da Riace e Acquaformo­sa a Crotone».

Abate/2 Raccontare questa storia positiva mi è costato: è più facile puntare ai grandi drammi, trasforman­doli in numeri

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 ??  ?? Lo scrittore Carmine Abate è autore di numerosi racconti, romanzi e saggi, prevalente­mente incentrati sui temi dei migranti e delle diverse culture
Lo scrittore Carmine Abate è autore di numerosi racconti, romanzi e saggi, prevalente­mente incentrati sui temi dei migranti e delle diverse culture

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