PESANTI ANALOGIE
Tra Monaco di Baviera e Bolzano ci sono trecento chilometri di distanza e due mondi politici di differenza. Ma non mancano le analogie che val la pena di analizzare. Così il voto di domenica in Baviera deve aver fatto di certo tremare le vene ai polsi dei capi dell’Svp altoatesina che hanno visto nel Libero Stato crollare il partito fratello della Csu al 37,2%. Dunque niente più maggioranza assoluta per il partito Cristiano sociale in quella che era — come il Sudtirolo della Svp — una delle due storiche roccaforti dei Popolari in Europa. Sarà così anche da noi domenica prossima e la Volkspartei come la Csu dovrà dire definitivamente addio alla sua storia di partito pigliatutto? I segnali in questo senso ci sono tutti, a partire dai sondaggi commissionati qualche settimana fa da Athesia sino alle ammissioni dello stesso Kompatscher che ha detto che sarebbe contento di conquistare almeno il 40 % dei voti.
Ma più che le percentuali, il 21 ottobre sarà importante il numero dei consiglieri eletti. Attualmente la Svp ne ha 17 su 35 e sono i due consiglieri italiani, Bizzo e Tommasini, che le consentono di avere una maggioranza.
Se la Volkspartei dovesse scendere a 15 consiglieri o ancor più sotto, allora si aprirebbe uno scenario drammatico e assolutamente inedito. Per governare la Svp dovrebbe — secondo lo Statuto — trovare un numero sufficiente di alleati italiani tra loro in qualche modo compatibili. Già questa non sarà un’impresa facile. Ma esiste pure il pericolo — quello che la Stella alpina teme maggiormente — che il partito debba per la prima volta allearsi anche con una formazione tedesca per poter avere comunque una maggioranza. Ed è qui che dovrebbero entrare in scena i nostri Verdi, partito interetnico che tradizionalmente fa eleggere consiglieri di entrambi i gruppi linguistici. I Verdi adesso hanno alle loro spalle pure l’onda lunga del travolgente successo ottenuto in Baviera senza contare che sono già al governo con la Volkspartei in Tirolo.
In Baviera è un successo ottenuto insistendo non solo sui loro temi ecologici più tradizionali ma anche sulla necessità di una società aperta e rispettosa («la mia Heimat è anche la tua Heimat» dice la scritta sulla maglietta della giovane leader del partito, Katharina Schulze). Ma soprattutto si schierano a favore di una Europa più forte e più unita. Esattamente il contrario non solo di quanto fa l’ultradestra nazional-sovranista, ma è anche ben diverso dai tanti distinguo e dalle troppe riserve sull’Europa emersi un po’ ovunque, pure tra i partiti tradizionali di governo che sono usciti battuti da queste elezioni.
In Baviera l’altro dato fornito dal voto riguarda l’ultradestra di AfD: un buon successo ma non ha sfondato ed è così il quarto partito con il 10,2%. La Csu in Baviera negli ultimi tempi, e soprattutto sui temi delle migrazioni, si è decisamente spostata a destra ricalcando nei fatti e nelle parole d’ordine le posizioni dell’ultradestra. Lo ha fatto per portarle via voti. Obiettivo in parte riuscito ma che è costato in termini di voti visto che un fetta dei suoi elettori si è sentita tradita da una svolta poco sociale, poco europeista e molto nazionale. Ed ha scelto proprio i Verdi come approdo. Non è un caso, allora, se la Csu ha fatto chiudere la propria campagna elettorale non alla cancelliere Merkel, come avrebbe voluto tradizione, logica e buona senso, ma paradossalmente al giovane cancelliere austriaco, Sebastian Kurz. Merkel è infatti ormai per la Csu e per tutta la destra nazional-sovranista del Continente il simbolo dell’Europa forte, aperta e solidale che loro non vogliono. Hanno chiamato Kurz perché il suo esatto contrario. Kurz ha portato al governo Strache, grande amico di Salvini, Le Pen e pure della AfD , insomma di tutti i più accaniti nemici dell’Europa e dell’Euro e, naturalmente, di Angela Merkel. E che ha adottato — pur spergiurando ovviamente di essere un europeista — le politiche dei confini sbarrati e del no alla solidarietà internazionale. Kurz non ha però portato fortuna alla Csu bavarese e ora gli scaramantici temono che non porti fortuna neanche alla Volkspartei che lo ha voluto a Bolzano per la sua campagna elettorale proprio nel periodo in cui ha più che mai riscoperto la sua anima nazional-identitaria.