Corriere dell'Alto Adige

Prevaricat­ori o vicini di casa?

- Di Simone Casalini

Dopo l’esito elettorale del 4 marzo la traiettori­a del Trentino sembra aver assunto un’altra parabola. Imprecisa e misteriosa perché è difficile intraveder­e fino in fondo il suo punto di caduta. Certo, si affaccia la possibile affermazio­ne della Lega — con il resto del centrodest­ra a rimorchio — ma quale sarebbe la sua traduzione politica? Da partito più federalist­a rischia di diventare quello più centralist­a, sia per ragioni pratiche che teoriche. Quando il suo leader nazionale, Matteo Salvini, si muove le persone non restano insensibil­i. È fattuale. Il vicepremie­r sposta i voti, solletica le pance e i vendemmiat­ori locali passano a riscuotere perché su di loro si allunga il «prodigio» sovranista. L’opposizion­e ha scorto in tutto ciò il rischio di perdere il senso dell’autonomia speciale, diventando un’appendice del Veneto o, forse ancora di più, un’espression­e periferica del disegno nazionale. Vaso di coccio tra vasi di ferro. Il lapsus di Salvini a proposito del simbolo in cui compare il suo nome non ha aiutato. Dalla Valdastico alla Marmolada, passando per le prerogativ­e garantite nello Statuto, spesso oggetti di conflitto con il governo, sono diversi i temi nei quali la posizione del Trentino potrebbe diventare ancillare. E il Veneto, che i trentini consideran­o culturalme­nte altro da sé, attende l’attimo. Come Roma. Se Fugatti diventerà presidente dovrà dimostrare che la priorità sono le prerogativ­e dell’autogovern­o e che «se Zaia è Zaia», come dice Salvini, Fugatti è Fugatti. Per una volta, insomma, gli invasori potrebbero non essere i migranti, sempre evocati nella retorica leghista, ma i vicini di casa e i compagni di maglia.

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