Commercialisti perplessi: «Flat tax, effetti distorsivi»
Quattro amici e una corsa folle «La Polar Race è stata più dura Grandi emozioni»
Icommercialisti accolgono con perplessità la proposta di Lega e Cinque Stelle di estendere la soglia dei regimi minimi e forfettari per le partite Iva fino a 65mila euro. A fronte di un platea di beneficiari molto ridotta ci sarebbero rischi di distorsione della competizione e elusione fiscale.
TRENTO L’ultima marachella — così sono soliti chiamare i loro viaggi di sport e avventura — l’hanno combinata la settimana scorsa: Barbara Fedrizzi, Giulio Scalet, Giancarlo Tomasi e Stefano Giovannini hanno corso la 100 chilometri del Sahara, una ultramaratona a tappe che si disputa nel deserto tunisino.
I quattro trail runner di Trento non sono professionisti della corsa, ma semplici appassionati che — dismessi gli abiti lavorativi — indossano le scarpe da running per vedere il mondo da un punto di vista molto particolare. Barbara è imprenditrice, Giulio dentista, Giancarlo gioielliere e Stefano commercialista: un poker di over 50 che una volta all’anno prepara il borsone per una destinazione nuova. Nel 2018 è stata la volta del Sahara da Ksar Ghilane a Douz, in una tre giorni che li ha visti sfidare le dune del deserto. Sono arrivati tutti al traguardo, medaglia al petto e un sincero sorriso di soddisfazione a lenire la stanchezza per la fatica provata: «La tappa più dura è stata la 50 chilometri — confermano in coro — ma abbiamo vissuto emozioni che ci hanno ripagato ampiamente». «Nessuno di noi aveva mai corso più della distanza di una maratona in un’unica frazione, è stata una scoperta anche dal punto di vista sportivo» spiega Giulio. La terza tappa si è disputata in condizioni ambientali provanti: il sole che batteva forte, un martello tra le dune bianche di una sabbia leggera e bianca come borotalco. «È stato il paesaggio più bello della tre giorni» racconta Giancarlo, mentre Barbara ricorda che «l’organizzazione era da dieci e lode e ci ha agevolato nell’affrontare le difficoltà: ci hanno seguito con attenzione sia sul percorso che al campo, dove abbiamo mangiato davvero bene e ci siamo potuti riposare al meglio».
Dormire al bivacco nelle tende berbere, chiacchierare davanti al fuoco, vedere piste e sentieri con i tempi lenti e cadenzati che la corsa richiede: la fatica può diventare quasi dolce quando ci si riempiono gli occhi di ricordi così forti. La Tunisia è però anche cambiata tanto dopo la primavera araba: oggi non c’è un problema di sicurezza, ma il degrado nei villaggi e nelle città racconta bene di un recente passato non ancora superato. «Sono venuto qua sei volte tra il ‘92 e il ‘98 — prosegue Stefano —, e avevi l’impressione di un Paese che si stesse muovendo. Non c’era benessere, ma una crescita tangibile. Oggi è peggio di allora». Viaggiare dà la possibilità di vedere realtà molto diverse dalla propria, una passione al limite del bisogno: «Sono esperienze pregnanti» riassume Stefano, «ti aiutano a vivere meglio anche la realtà di tutti i giorni — conferma Barbara —. Per cui dopo qualche mese dal ritorno si comincia già a ragionare sulla successiva marachella».
Eppure la storia di questi quattro amici era iniziata un po’ per caso: Barbara e Stefano, che si conoscono dall’infanzia, avevano incontrato Giulio e Giancarlo a New York: «Eravamo lì per la maratona nel 2012. La gara venne annullata per l’uragano Sandy. Da quella sfortuna è nata la nostra amicizia». Da allora, insieme o a coppie sono andati in Marocco, al Circolo Polare Artico, in Oman. Sempre correndo: «La Polar Race forse per certi versi è stata la corsa più dura — spiega Giulio — gareggiare a meno 25 gradi è già una difficoltà in sé, in più ci siamo trovati a correre con i ramponi per tutta la prima metà. In compenso lo spettacolo dell’aurora boreale è unico».
Barbara e Stefano sono anche due appassionati alpinisti che non hanno certo abbandonato la montagna per il deserto: «L’anno scorso siamo stati in Nepal per un lungo trekking: 170 chilometri e 20mila metri di dislivello. Abbiamo anche salito il Mera Peak (una montagna di oltre 6.400 metri, ndr) e attraversato la sud del Lhotse. Abbiamo trovato un ambiente e un paesaggio umano incredibili. Appena esci da Kathmandu ti accorgi che quella gente non ha niente. E noi eravamo con i portatori che guadagnano 28 dollari a settimana, quando uno stipendio medio è di 250 dollari l’anno. Però è gente con una dignità incredibile».
Barbara e Stefano, ma anche Giulio e Giancarlo concordano sul fatto che montagna e deserto non siano poi così diversi: «Sono ambienti severi, da apprezzare anche nel silenzio e nella solitudine che a tratti impongono. Luoghi che richiedono un profondo rispetto, necessario non solo per portare a termine una gara, ma per comprendere e apprezzare in pieno quello che si vede». Secondo i quattro trail runner però non serve essere supereroi: «A volte nella vita adulta si percepisce una resistenza al cambiamento, al provare nuove esperienze. Questo può tradursi in una chiusura nelle proprie abitudini che porta insoddisfazione. Noi ci sentiamo di dire che invece si può essere gente normale come noi e vivere esperienze sportive e umane belle e particolari».
Barbara Sono esperienze che ti aiutano a vivere meglio anche la quotidianità
Giulio Nessuno di noi aveva corso più di una maratona. È stato un test