Corriere dell'Alto Adige

«Caso mense, carne alterata di due mesi»

Forniture di carne all’Assb, l’avvocato chiede il dissequest­ro dello stabilimen­to

- Di Silvia M. C. Senette

Continuano gli interrogat­ori dei dipendenti della Olivo, l’azienda che riforniva le mense bolzanine. Secondo le intercetta­zioni le date di scadenza dei cibi venivano alterate anche di due mesi.

BOLZANO Mattinata di confronto, ieri mattina in tribunale, tra il giudice per le indagini preliminar­i Walter Pelino e tre delle sei persone indagate della società veneta Olivo S.a.s. di Colognola ai Colli (Verona), ora sotto sequestro preventivo, che riforniva di carne, pesce e surgelati per le mense l’Azienda servizi sociali (Assb) del capoluogo altoatesin­o.

Secondo la magistratu­ra bolzanina, nei sei mesi di controlli, verifiche e intercetta­zioni ambientali ci sarebbe stata una sistematic­a non corrispond­enza della merce fornita, sia in termini di quantità — inferiori a quelle indicate nel capitolato d’appalto da 375.000 euro firmato con l’Assb per 511.000 pasti l’anno — sia in termini di qualità (non conformi e, secondo gli inquirenti, in taluni casi già scaduti). Nei giorni scorsi la Procura bolzanina ha peraltro voluto precisare che non si tratta tuttavia di «carne avariata».

Gli elementi emersi dai controlli del nucleo antisofist­icazioni di Trento e Padova e dai carabinier­i del veronese, documentat­i in decine di pagine, sarebbero stati tali da convincere il giudice a spiccare un’ordinanza di sequestro dell’azienda, a cui sono stati apposti i sigilli, e una misura interditti­va per la durata di un anno nei confronti della titolare, che è legale rappresent­ante della Olivo, e dei due addetti al reparto macelleria, un figlio e un nipote della donna, che fino a decisione differente del gip non potranno lavorare in questo settore merceologi­co né ricoprire alcun ruolo all’interno della ditta né per altre ditte del medesimo comparto per evitare che possano reiterare i presunti illeciti. Le accuse sono gravi: frode in commercio nelle forniture destinate alla pubblica amministra­zione e associazio­ne per delinquere.

La titolare e il figlio ieri davanti al giudice si sono avvalsi della facoltà di non rispondere, anche se la donna ha depositato delle dichiarazi­oni scritte, mentre il nipote ha risposto

Linea difensiva

La difformità nel peso della merce rispetto a quanto pagato è attribuita alla ripulitura

alle domande del magistrato giustifica­ndo le discrepanz­e di peso della merce che, fornita da ditte terze, sarebbe stata solo ripulita del grasso, delle ossa, del ghiaccio e dei gusci e quindi consegnata con un peso inferiore. Secondo il giudice, invece, sarebbero stati spacciati per freschi cibi in realtà scongelati, mentre da alcune intercetta­zioni definite «inequivoch­e» si discutereb­be di rietichett­atura di prodotti pronti per scadere e rietichett­ati con una data di due mesi successiva.

Il danno derivante dagli ammanchi sarebbe di valore limitato, stimato in poco più di mille euro. Le indagini riguardano altre tre persone: la figlia della titolare, impiegata nel settore amministra­tivo, e altri due dipendenti. Ieri il legale che segue tutti e sei gli indagati, l’avvocato Beniamino Migliucci, ha depositato la richiesta di dissequest­ro dell’azienda e, contestual­mente, l’istanza per la nomina di un “institore” terzo che gestisca l’attività. Ora parere al pubblico ministero e poi al gip per la decisione in merito.

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ConfrontoI­l giudice per le indagini preliminar­i Walter Pelino (a sinistra) con il difensore dell’azienda alimentare veronese, l’avvocato bolzanino Beniamino Migliucci

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