«Caso mense, carne alterata di due mesi»
Forniture di carne all’Assb, l’avvocato chiede il dissequestro dello stabilimento
Continuano gli interrogatori dei dipendenti della Olivo, l’azienda che riforniva le mense bolzanine. Secondo le intercettazioni le date di scadenza dei cibi venivano alterate anche di due mesi.
BOLZANO Mattinata di confronto, ieri mattina in tribunale, tra il giudice per le indagini preliminari Walter Pelino e tre delle sei persone indagate della società veneta Olivo S.a.s. di Colognola ai Colli (Verona), ora sotto sequestro preventivo, che riforniva di carne, pesce e surgelati per le mense l’Azienda servizi sociali (Assb) del capoluogo altoatesino.
Secondo la magistratura bolzanina, nei sei mesi di controlli, verifiche e intercettazioni ambientali ci sarebbe stata una sistematica non corrispondenza della merce fornita, sia in termini di quantità — inferiori a quelle indicate nel capitolato d’appalto da 375.000 euro firmato con l’Assb per 511.000 pasti l’anno — sia in termini di qualità (non conformi e, secondo gli inquirenti, in taluni casi già scaduti). Nei giorni scorsi la Procura bolzanina ha peraltro voluto precisare che non si tratta tuttavia di «carne avariata».
Gli elementi emersi dai controlli del nucleo antisofisticazioni di Trento e Padova e dai carabinieri del veronese, documentati in decine di pagine, sarebbero stati tali da convincere il giudice a spiccare un’ordinanza di sequestro dell’azienda, a cui sono stati apposti i sigilli, e una misura interdittiva per la durata di un anno nei confronti della titolare, che è legale rappresentante della Olivo, e dei due addetti al reparto macelleria, un figlio e un nipote della donna, che fino a decisione differente del gip non potranno lavorare in questo settore merceologico né ricoprire alcun ruolo all’interno della ditta né per altre ditte del medesimo comparto per evitare che possano reiterare i presunti illeciti. Le accuse sono gravi: frode in commercio nelle forniture destinate alla pubblica amministrazione e associazione per delinquere.
La titolare e il figlio ieri davanti al giudice si sono avvalsi della facoltà di non rispondere, anche se la donna ha depositato delle dichiarazioni scritte, mentre il nipote ha risposto
Linea difensiva
La difformità nel peso della merce rispetto a quanto pagato è attribuita alla ripulitura
alle domande del magistrato giustificando le discrepanze di peso della merce che, fornita da ditte terze, sarebbe stata solo ripulita del grasso, delle ossa, del ghiaccio e dei gusci e quindi consegnata con un peso inferiore. Secondo il giudice, invece, sarebbero stati spacciati per freschi cibi in realtà scongelati, mentre da alcune intercettazioni definite «inequivoche» si discuterebbe di rietichettatura di prodotti pronti per scadere e rietichettati con una data di due mesi successiva.
Il danno derivante dagli ammanchi sarebbe di valore limitato, stimato in poco più di mille euro. Le indagini riguardano altre tre persone: la figlia della titolare, impiegata nel settore amministrativo, e altri due dipendenti. Ieri il legale che segue tutti e sei gli indagati, l’avvocato Beniamino Migliucci, ha depositato la richiesta di dissequestro dell’azienda e, contestualmente, l’istanza per la nomina di un “institore” terzo che gestisca l’attività. Ora parere al pubblico ministero e poi al gip per la decisione in merito.