Neri Marcorè e Gnu Quartet Omaggio a Faber
Una notte di San Silvestro nel nome di Fabrizio De Andrè con Neri Marcorè e la direzione musicale degli Gnu Quartet (Teatro Sociale di Trento, ore 21.30). Come una specie di sorriso è l’evento speciale organizzato dal Centro Santa Chiara che ha già registrato il tutto esaurito in prevendita. Il poliedrico Neri Marcorè (voce e chitarra) non ha bisogno di presentazioni e il quartetto genovese Gnu Quartet è una delle realtà musicali più interessanti d’Italia da una decina di anni a questa parte. Non è un caso che artisti del calibro di Simone Cristicchi, Niccolò Fabi, Baustelle, Subsonica e da ultimo Ermal Meta si siano avvalsi degli arrangiamenti di Stefano Cabrera (violoncello), Roberto Izzo (violino), Francesca Rapetti (flauto traverso) e Raffaele Rebaudengo (viola). Un quartetto atipico nato nel 2006 che mescola la classica con il jazz, il rock e la musica d’autore dando un colore unico al suo sound identificato ormai come «Gnu Quartet». Stefano Cabrera, violoncellista e arrangiatore del gruppo, a febbraio tornerà a Trento per la doppia data con Ermal Meta all’Auditorium Santa Chiara.
Com’è nato il sodalizio con Neri Marcorè?
«Collaboriamo da diversi anni, è un piacere lavorare assieme: è una persona deliziosa. La prima esperienza è stata un tour teatrale nel 2010 con il Teatro dell’Archivolto per lo spettacolo Eretici e Corsari, dedicato alle figure di Gaber e Pasolini».
Che rilettura presentate del repertorio di De Andrè?
«Questo progetto è nato come sinfonico nel 2015 a Parma e poi si è evoluto con la band formata da noi quattro, un percussionista e un batterista oltre alle due voci. L’energia in questa versione è molto più intensa e veniamo da tre anni di concerti in cui il repertorio è stato ben rodato. Dal punto di vista degli arrangiamenti abbiamo cercato un equilibrio tra il rispetto di quelli storici, in particolare della Pfm, e l’aggiunta del nostro tocco. In scaletta ci sono ventiquattro brani, ma non necessariamente i più famosi, anche perché Neri è un grande estimatore di dischi come Le nuvole e Anime salve».
Quali sono i vostri riferimenti artistici?
«Abbiamo passioni musicali differenti ma un modello comune è dato dagli americani Turtle Island Quartet per l’approccio jazz e per la capacità di risolvere tutti gli elementi ritmici all’interno dell’organico. In Italia sicuramente i Quintorigo e i Solis String Quartet».
Cosa vi distingue da questi
modelli?
«Sicuramente l’uso del flauto ci apre possibilità che un quartetto tradizionale non avrebbe. Francesca ha una tecnica particolare che si ispira all’inglese Greg Pattillo e consente di creare una sorta di beatbox con effetto percussivo all’interno del flauto».
Avete già suonato nella nostra regione, che ricordi vi ha lasciato?
«Per tre volte abbiamo suonato ai “Suoni delle Dolomiti”. In studio di registrazione è nata un’amicizia coi Bastard Sons of Dioniso, ragazzi fantastici per cui provo tanta stima. Sono persone vere e in questo ambiente non è facile trovarne: mi hanno anche coinvolto a suonare a tremila metri di altezza sulla Cima Tosa per il video di Venti tornanti».
Come procedono le prove per il tour di Ermal Meta?
«Stiamo preparando una scaletta di trenta brani per un tour di due mesi. Noi siamo dovuti partire da zero ma l’incontro con Ermal è stato davvero molto fortunato, lui ci sta dando tutta la libertà che potevamo sperare in fase di produzione».