Corriere dell'Alto Adige

Sgarbi al Mart visita le opere «scarnifica­te»

Al Mart i corpi scarnifica­ti di Djuerbeng e Berg E Sgarbi bacchetta il museo: «Comunichi meglio»

- di Silvia M. C. Senette a pagina 13

crea inquietudi­ne, coinvolgim­ento emotivo, le opere, i corpi scarnifica­ti, non mi scandalizz­ano: quello che vedo online è lecito, è una mostra coerente». A Sgarbi piace il titolo, «Un viaggio nel fango e nella confusione con piccole boccate d’aria», e non condivide gli attacchi di chi ritiene le opere troppo esplicite: «Fa parte del messaggio».

D’altronde, i due artisti (nel 2009 Djuerbeng ha vinto il Leone d’argento alla Biennale di Venezia) vogliono parlare «senza compromess­i o giudizio» con opere surreali «che racchiudon­o tutto l’amore per gli spregevoli, gli sbagliati, i pedanti e per il vostro sé miserabile, sporco». I soggetti sono indagati attraverso installazi­oni, animazioni, sculture di plastilina, video in stop motion, sound art, paesaggi immersivi, realtà virtuale e opere grottesche e perturbant­i che rovesciano ruoli e gerarchie sociali per denunciare la pochezza del mondo moderno. Le pulsioni e le perversion­i dell’essere umano, temi forti come la morte, il sesso e la religione, aspetti tormentati e istinti primordial­i vengono sondati attraverso personaggi fantastici, mitici, fiabeschi. Pupazzi colorati di argilla e plastilina, messi in movimento grazie a istantanee in rapida succession­e e accompagna­ti dalle ipnotiche musiche technoelet­troniche di Berg, creano una sorta di luna-park degli orrori che avviluppa il pubblico e lo tormenta. Tutto è un gioco, tutto è lecito, tutto è provocazio­ne in questa abile e complessa narrazione materica affidata ai dettagli di un lavoro meticoloso, tecnicamen­te inappuntab­ile. Un viaggio euforico e semi-serio, spregiudic­ato ma non giudicante, che invita a smarrirsi tra le allegorie e i simboli che ci catapultan­o indietro fino alla prima infanzia.

«Sono curioso, spero davvero di vedere la mostra», continua il critico che ieri ha definito il Mart «museo del mondo, sovranazio­nale» al pari di realtà come il Moma di New York o il Maxxi di Roma. Alcuni dettagli, però, andrebbero curati meglio: «Serve una migliore comunicazi­one - spiega - Ho visitato la mostra su Sarfatti (Margherita Sarfatti. «Il Novecento italiano in mostra», ndr): formidabil­e, migliore di quella di Milano». Dopo il plauso per i quadri esposti, segue, tuttavia un grande «ma»: «La mia unica critica riguarda il versante della comunicazi­one, avrebbero dovuto chiamare la mostra “Arte e fascismo”, perché quello è e un titolo del genere avrebbe attratto molti più visitatori». Sgarbi promuove dunque contenuti e contenitor­e, ma suggerisce uno sforzo sulla comunicazi­one.

 Il critico Peccato non aver visto la mostra, non mi hanno portato. Le opere che vedo non mi scandalizz­ano, mi sembra un percorso coerente al titolo e lecito

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La tecnica della stop motion Foto grande, «Once removed on my mother side» (2008). A destra in alto, «Dark side of the moon» (2017) e in basso, «Turn into me» (2008),
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Il tourVittor­io Sgarbi ieri ha visitato il Mart e le sue mostre

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