Sgarbi al Mart visita le opere «scarnificate»
Al Mart i corpi scarnificati di Djuerbeng e Berg E Sgarbi bacchetta il museo: «Comunichi meglio»
crea inquietudine, coinvolgimento emotivo, le opere, i corpi scarnificati, non mi scandalizzano: quello che vedo online è lecito, è una mostra coerente». A Sgarbi piace il titolo, «Un viaggio nel fango e nella confusione con piccole boccate d’aria», e non condivide gli attacchi di chi ritiene le opere troppo esplicite: «Fa parte del messaggio».
D’altronde, i due artisti (nel 2009 Djuerbeng ha vinto il Leone d’argento alla Biennale di Venezia) vogliono parlare «senza compromessi o giudizio» con opere surreali «che racchiudono tutto l’amore per gli spregevoli, gli sbagliati, i pedanti e per il vostro sé miserabile, sporco». I soggetti sono indagati attraverso installazioni, animazioni, sculture di plastilina, video in stop motion, sound art, paesaggi immersivi, realtà virtuale e opere grottesche e perturbanti che rovesciano ruoli e gerarchie sociali per denunciare la pochezza del mondo moderno. Le pulsioni e le perversioni dell’essere umano, temi forti come la morte, il sesso e la religione, aspetti tormentati e istinti primordiali vengono sondati attraverso personaggi fantastici, mitici, fiabeschi. Pupazzi colorati di argilla e plastilina, messi in movimento grazie a istantanee in rapida successione e accompagnati dalle ipnotiche musiche technoelettroniche di Berg, creano una sorta di luna-park degli orrori che avviluppa il pubblico e lo tormenta. Tutto è un gioco, tutto è lecito, tutto è provocazione in questa abile e complessa narrazione materica affidata ai dettagli di un lavoro meticoloso, tecnicamente inappuntabile. Un viaggio euforico e semi-serio, spregiudicato ma non giudicante, che invita a smarrirsi tra le allegorie e i simboli che ci catapultano indietro fino alla prima infanzia.
«Sono curioso, spero davvero di vedere la mostra», continua il critico che ieri ha definito il Mart «museo del mondo, sovranazionale» al pari di realtà come il Moma di New York o il Maxxi di Roma. Alcuni dettagli, però, andrebbero curati meglio: «Serve una migliore comunicazione - spiega - Ho visitato la mostra su Sarfatti (Margherita Sarfatti. «Il Novecento italiano in mostra», ndr): formidabile, migliore di quella di Milano». Dopo il plauso per i quadri esposti, segue, tuttavia un grande «ma»: «La mia unica critica riguarda il versante della comunicazione, avrebbero dovuto chiamare la mostra “Arte e fascismo”, perché quello è e un titolo del genere avrebbe attratto molti più visitatori». Sgarbi promuove dunque contenuti e contenitore, ma suggerisce uno sforzo sulla comunicazione.
Il critico Peccato non aver visto la mostra, non mi hanno portato. Le opere che vedo non mi scandalizzano, mi sembra un percorso coerente al titolo e lecito