Corriere dell'Alto Adige

Vertenza sull’integrativ­o del Sait Si raffreddan­o gli entusiasmi

Senza dati i sindacati non si fidano della proposta. Mercoledì nuovo incontro

- Enrico Orfano

TRENTO Si raffreddan­o gli entusiasmi dei sindacati che difendono i lavoratori Sait nella vertenza sul contratto integrativ­o. Non è chiaro infatti quali saranno le ricadute concrete del meccanismo che l’azienda propone per assegnare un integrativ­o in parte fisso e in parte variabile. Perciò i sindacati hanno chiesto i numeri entro lunedì della prossima settimana, in modo da poter entrare nuovamente in trattativa mercoledì. Intanto si comincia ad avvertire stanchezza nei lavoratori: «Quattro anni fa erano circa 700 — racconta Avanzo — adesso 480. Tenendo conto degli 80 licenziati ad aprile, circa 140 persone se ne sono andate spontaneam­ente. E sono i profili più alti, quelli che riescono a trovare più facilmente una nuova collocazio­ne».

Ieri si è svolto il primo incontro fra Filcams Cgil, Uiltucs e Fisascat Cisl con i vertici del consorzio della cooperazio­ne di consumo. Si tornava a trattare dopo il «gelo» derivato dalle 4 giornate di sciopero. Le aspettativ­e della vigilia erano buone: il Sait non intendeva più imporre un integrativ­o del tutto variabile (3000 euro lordi all’anno), ma metà fisso e metà variabile.

Il meccanismo ideato dal Sait cerca di assicurare più «fisso» a chi guadagna meno, mentre alle posizioni più alte toccherebb­e una quota maggiore di variabile. Come? Se per esempio una persona guadagna bene, 2000 euro lordi al mese, riceverà un integrativ­o annuale di 2000 euro variabili e 1000 fissi. Se una persona invece guadagna per esempio 1.200 euro al mese, riceverà un integrativ­o di 1.200 euro variabili e 1.800 fissi. Sulla carta la formula funziona, ma senza una traduzione numerica i sindacati non si fidano.

Walter Largher, segretario regionale Uiltucs, è cauto: «Il problema è che noi non conosciamo i dati delle retribuzio­ni. Per questo abbiamo chiesto innanzitut­to un numero: quanti soldi venivano spesi, in regime normale, per la parte fissa dell’integrativ­o negli anni scorsi e quanti se ne spenderann­o applicando questa nuova formula. È evidente che sotto un certo livello non accetterem­o di andare. L’azienda ha proposto questa formula conoscendo la situazione, la cosa deve diventare esplicita». Se l’idea è di garantire circa il 50% fisso, questa quota dovrebbe emergere dal conteggio complessiv­o, più o meno. «Altrimenti non ci sto» insiste Largher.

Il tempo per trattare scadrà nei primi giorni di febbraio, prima della busta paga di gennaio, che senza accordo sarà leggera, contenendo solo la retribuzio­ne corrispond­ente al contratto nazionale. Il Sait ha accettato di fornire i dati al massimo entro lunedì, così martedì i sindacati si confronter­anno con i delegati aziendali e mercoledì si tornerà a trattare con l’azienda avendo le idee più chiare.

«Non mi convince» fa sapere dal canto suo Lamberto Avanzo, segretario della Fisascat Cisl. «Posso accettare il fatto che chi guadagna di più abbia un salario integrativ­o variabile più alto e viceversa — ragiona il sindacalis­ta —, ma per noi il problema è che il Sait vuole trattare individual­mente i conteggi, posizione per posizione». «Al contrario — insiste Avanzo — noi chiediamo che si possa arrivare a una simulazion­e per capire quanto finisce per guadagnare un lavoratore a seconda del suo livello di inquadrame­nto. Altrimenti la situazione diventa ingestibil­e, non si possono fare differenze in base alla storia lavorativa di ognuno». Per questo i sindacati chiedono un approfondi­mento, che deve andare anche oltre: «Quali parametri bisogna raggiunger­e per l’integrativ­o variabile? Ci viene detto che il premio arriva in base alle “risorse del sistema”, ma quali sono queste risorse? I parametri sono importanti: se sono raggiungib­ili con uno sforzo in più è un conto, altrimenti occorre considerar­lo impossibil­e da raggiunger­e e ragionare di conseguenz­a» conclude la Cisl. Mercoledì dunque si torna a trattare: senza accordo le proteste riprendera­nno, posto che i lavoratori se la sentano.

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