Contante in busta e «soffiate» Indagine su due carabinieri
Il caso s’incrocia con l’intercettazione Tenti-Tarfusser e l’affare Delmarco
BOLZANO È un vero e proprio tsunami, quello che si è abbattuto sul comando provinciale dell’Arma dei carabinieri all’indomani delle festività natalizie e che è esondato ieri, quando una fuga di notizie ha portato alla luce l’inchiesta su cui, con il consueto riserbo, la Procura di Bolzano stava ancora svolgendo delicate indagini e approfondimenti.
«Il procuratore generale Giancarlo Bramante indaga su due militari di lungo corso facenti funzione di polizia giudiziaria in tribunale. L’affare accende i riflettori sugli incredibili intrecci e le profonde crepe all’interno del Palazzo». Così il sito di informazione sudtirolese Salto.bz titolava l’articolato servizio che rivelava i dettagli di un fascicolo ancora in bianco, ma che si preannuncia già rovente dalle premesse: due carabinieri indagati, appartamenti e uffici perquisiti, cellulari e computer sequestrati, una busta con 9.000 euro in contanti rinvenuta in una scrivania nell’ufficio del comando di via Dante, fogli di servizio e firme di ignari colleghi falsificati per mascherare l’uso improprio di mezzi dell’Arma.
I fatti contestati sarebbero già sufficientemente gravi da far gridare allo scandalo e a dare spessore alle accuse, rivelate alla stampa da fonte anonima, c’è un elemento incontrovertibile: la Procura — che, presa in contropiede dalla fuga di notizie, nel primo pomeriggio ha diramato uno scarno comunicato ufficiale — pur non fornendo ulteriori informazioni ha però evitato di prendere le distanze da quanto trapelato. Una «nonsmentita» che, dato il rigore e la serietà con cui opera il procuratore generale, equivale di fatto a una conferma.
Come se non bastasse, oltre al blitz di poliziotti, finanzieri e un investigatore del reparto operativo speciale dei carabinieri che tre giorni dopo Natale hanno eseguito le perquisizioni e i sequestri ai due militari, la vicenda si espanderebbe a macchia d’olio coinvolgendo altri fascicoli, altre inchieste, altri scandali di cui, nei mesi scorsi, già si è scritto. Un cubo di Rubik talmente complicato da richiedere l’attività congiunta di tre diversi magistrati di Bolzano: lo stesso procuratore capo Bramante e due suoi viceprocuratori, Igor Secco e Andrea Sacchetti.
L’origine del coinvolgimento dei due carabinieri, che sarebbero ora accusati di falso e peculato, affonderebbe nell’intercettazione chiave del processo Katia Tenti- Antonio Dalle Nogare, in cui l’ex capo del dipartimento edilizia, accusata di rivelazione di segreto d’ufficio e turbata libertà del procedimento di scelta del contraente per appalti pubblici (vedi articolo a fianco), in una telefonata con l’allora procuratore capo di Bolzano Cuno Tarfusser avrebbe chiesto al magistrato di interessarsi sulla sua posizione
Le perquisizioni
In una scrivania rinvenuti 9.000 euro e fogli con firme falsificate dei colleghi
presso gli uomini di polizia giudiziaria e, con ironia, si sarebbe rivolta direttamente al maresciallo responsabile delle intercettazioni che la riguardavano, salutandolo per nome durante la conversazione intercettata.
Dettaglio che figura nella trascrizione depositata solo due giorni fa in tribunale e di cui, all’epoca, la Tenti non avrebbe potuto sapere se non grazie a una «soffiata» interna. Ad accrescere i sospetti, un pranzo alla fine del 2017 tra Tarfusser, i due militari coinvolti e il sindaco Caramaschi a cui si sarebbe presentata, ufficialmente per una coincidenza, la stessa Tenti (al suo arrivo il primo cittadino, irritato, avrebbe lasciato la compagnia).
A quel punto Bramante, successore di Tarfusser in Procura, vuole vederci chiaro: ha allontanato i due militari che lavoravano al caso Tenti e li ha messi sotto stretta osservazione. E lì, intercettandoli, sarebbero emerse le presunte irregolarità e gli ipotizzati illeciti su cui vertono le accuse dei pm comprese trasferte non autorizzate con i mezzi di servizio, falsificazioni di registri dei carabinieri con firme dei colleghi contraffatte, ma anche una sospettata collaborazione con l’agenzia «Matrix» già finita nel mirino della magistratura trentina (l’investigatore privato Delmarco avrebbe corrotto e pagato carabinieri, finanzieri e poliziotti per accedere al cervellone delle forze dell’ordine con informazioni riservate).
Fascicoli che si intrecciano, accuse pesanti, denaro di provenienza ignota, viaggi al sud Italia senza apparente giustificazione. Ora starà alla Procura mettere insieme i pezzi di questo rompicapo.